Belgrado, 16 novembre.
Quanti di noi oggi come oggi deciderebbero di andare in vacanza in
Serbia? Pochissimi. Potremmo dire che ormai dovrà passare del tempo
prima che Belgrado nell'immaginario collettivo ritorni un luogo incantevole
per passare le vacanze. Questo è quello che pensavamo anche noi
giornalisti quando siamo giunti nella città che ha conosciuto la
violenza delle bombe della NATO. Eppure fin dall'arrivo all'aeroporto avevamo
notato una certa tranquillità, poi nel tragitto fino all'albergo
davanti a noi osservavamo una città calma, serena, niente
manifestanti, niente edifici distrutti, strade larghe, poco traffico e
una sensazione di benessere.
Subito ci siamo detti che forse tutto ciò era dovuto al fatto
che ci trovavamo nel centro della città. Invece i successivi giri,
anche in periferia, hanno dimostrato che ci troviamo di fronte ad una città
che non solo non ha perso nulla del suo fascino, ma che è in pace,
se non con il resto del mondo, almeno con se' stessa. |
La maggior parte della popolazione sembra soddisfatta della politica
di Milosevic, del quale non è infatuata, come Cuba può sembrare
esserlo di Castro, ma è interessata al capo di stato proprio come
una delle altre capitali Europee. Certo a tratti traspare dai discorsi
un odio verso la NATO e gli USA, ma anche in questo senso le immagini televisive
della folla che bruciava bandiere americane ci ha tratto in inganno; qui
c'è un senso di apertura verso l'occidente o meglio l'Europa della
quale la città si sente ancora una delle capitali, credevamo che
i caccia bombardassero la roccaforte di un regime stalinista ed invece
colpivamo una città identica alle nostre, troppo identica per non
provare un senso di rimorso.
Iunio Simpson
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