La nuova linea politica del presidente Vladimir Putin comporta il ritorno
della Guerra Fredda? Questo si chiedono oggi gli osservatori internazionali
di fronte agli ultimi eventi. Non solo negli ultimi tempi la diplomazia
russa a iniziato a rinsaldare rapporti di ogni tipo con alcuni dei maggiori
ex paesi-satellite di Mosca, come la Corea del Nord, il Vietnam, l'Iraq,
ma soprattutto ritorna in auge lo stile da Cortina di Ferro con dei
comunicati stampa ufficiali, sempre piu' poveri di informazioni come accade
nella guerra in Cecenia.
A questo proposito e' esemplare il pesante velo di segretezza che e'
calato sull'arresto di un serbo all'aeroporto di Mosca il 9 febbraio scorso.
Un arresto che ha portato ad una tensione crescente tra il Governo, il
Tribunale Internazionale dell'Aja e la NATO.
L'uomo arrestato, Lazar Jakovic, e' una delle "tigri" di Zeljko Raznatovic,
il famoso comandante Arkan ucciso a Belgrado qualche settimana fa durante
un attacco terroristico che rimane ancora inspiegato. Lazar Jakovic,
ufficiale in congedo dell'esercito regolare jugoslavo, ha partecipato
attivamente alle azioni del gruppo paramilitare serbo durante la guerra
in Bosnia-Erzegovina e su questa base e' stato formalmente incriminato
dal Tribunale Internazionale dell'Aja. A suo carico sono ascritte, in quanto
ufficiale di piu' alto grado presente, le deportazioni e le indiscriminate
uccisioni avvenute nella cittadina di Foca ad opera delle formazioni
che gli organi internazionali ritengono "irregolari" presenti sul territorio.
Secondo le informazioni raccolte del tribunale internazionale, le Tigri
di Arkan avrebbero partecipato anche alle azioni dell'ultima guerra in
Kosovo, ma questo e' negato sia dalle fonti ufficiali jugoslave che dagli
interessati.
Al momento dell'arresto, Lazar Jakovic era in possesso di un passaporto
italiano a nome di Alessandro Mai. Il Ministero degli Esteri italiano ha
smentito qualsiasi coinvolgimento e ha denunciato immediatamente alla magistratura
italiana il clamoroso falso compiendo tutti gli accertamenti del caso.
Il 13 febbraio il parlamento della Repubblica Serba ha fermamente protestato,
per voce del Primo Ministro, contro l'arresto di un cittadino di nazionalita'
serba, mentre il Primo Ministro dello Stato federale jugoslavo si e' dichiarato
pronto a prenderlo in consegna e a processarlo davanti alla Corte Marziale
del suo paese come sarebbe suo diritto.
Nella stessa giornata il segretario generale della NATO, George Robertson,
ha cancellato la sua visita ufficiale a Mosca in programma per il 16 febbraio.
Lazar Jakovic, a quanto e' dato di sapere, e' ancora in Russia, e il
Governo non ha ancora preso una decisione sulla sua consegna al Tribunale
internazionale. Nel frattempo, in un'audiocassetta registrata giunta ieri
al nostro giornale, e contemporaneamente alla sede dell'Ambasciata italiana
e al tribunale internazionale dell'Aja, un anonimo informatore fa sapere
che il detenuto ha tentato il suicidio in cella e ora versa in gravi condizioni.
La notizia non e' stata confermata dagli organi ufficiali russi,
ma ha messo in allarme tutti coloro che hanno a cuore l'accertamento della
verita' sulle stragi compiute in Bosnia e in Kosovo.
Alcuni giornalisti occidentali hanno rimarcato il fatto che in un paese
democratico queste operazioni occulte e degne di intrighi internazionali
da Guerra Fredda dovrebbero avere fine. La stampa occidentale non
ha nulla da insegnare da questo punto di vista, ma va detto che il rispetto
dei trattati internazionali richiede che Lazar Jakovic venga consegnato
alla Corte suprema dell'Aja. Se il Governo ritiene di dover condurre una
politica di ripristino delle aree di controllo geopolitico antecedente
al 1989, lo dica chiaramente, ma dimostri in entrambi i casi di voler davvero
continuare su quella linea della "trasparenza" che e' stata inaugurata
da Gorbacev e che ora sembra improvvisamente compromessa.
Piotr Stifelov
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