Sole Nero: Dalla Russia con amore Giorgio Fischetti e Carlo Fedele
Era la prima volta che mi trovavo lì in Russia e pensare che io odio il freddo, ma dopo quella telefonata col professor Analitov mi ero convinto a fare quel lungo viaggio.
Il professore aveva usato degli argomenti che mi avevano fin da subito molto interessato, ma forse è meglio partire dall’inizio.
Alcuni giorni prima, precisamente il 2 Aprile, mi era capitato di leggere una notizia riguardante la cessione da parte del Museo Nazionale di San Pietroburgo di un reperto antico prima appartenuto ad un alto gerarca nazista ad uno studio legale inglese. Questa notizia m’interessò particolarmente però perché vi era anche accennata una strana reazione da parte del direttore del museo, il professor Analitov, che era palesemente contrario alla vendita e che aveva addotto giustificazioni alquanto stravaganti che m’interessarono molto. Percui presi la decisione di chiamare di persona il professore.
- Da...- disse la voce all’altro capo del filo ed io rispondo cercando di farmi capire in inglese.
- Buongiorno sono Giorgio Notti, lei è il professor Analitov?- dopo qualche secondo durante il quale sembra cercare di capire ciò che ho detto, la voce risponde – Sì, sono proprio io, in cosa posso esserle utile?-, io continuo –Vorrei farle alcune domande riguardo al reperto che il suo museo ha recentemente venduto.-
Il professore abbassando leggermente la voce e risponde - Il reperto..., guardi non se ne sa molto..., sicuramente risale a prima del 3000 a.c., una datazione più precisa non è stata possibile, è stato rinvenuto nel 1933 presso le rovine di Uruk nel territorio dell'antica Sumer, si ritiene che appartenesse ad una qualche setta religiosa del tempo d’origini ancora più antiche ma non ci sono effettivi dati storico-archeologici...Francamente non saprei dirle chi era il gerarca in questione poiché è un’informazione che avevano solo i nostri servizi segreti...Mi dispiace non so dirle neanche questo, solo il K.G.B. forse potrebbe aiutarla...Secondo me, poi, lo studio non centra niente, è solo un prestanome, chi ci sia dietro..., bè non posso formulare ipotesi..., soprattutto di questi tempi..., al telefono poi...e poi non è il caso di parlarne se non davanti ad una bottiglia di vodka..., e di persona...E' stato un piacere parlare con lei ma accetti un consiglio questa non è una storia da giornale..., non interesserebbe a nessuno tranne a chi sarebbe meglio non interessasse...-
- Senta professore, le propongo una cosa, che ne dice se vengo lì da lei e ne parliamo davanti a, come dice lei, una bella bottiglia di vodka? Facciamo così, lei mi aspetti nel suo museo domani e io mi farò vivo, ok?-
- Va bene ma facciamo così lei mi fa sapere quando arriva e io la vengo a prendere all'aeroporto, al museo fa troppo freddo di questi tempi...La saluto.- E mise giù.
La mattina dopo alle 11.00 sono partito da casa, l'aereo è decollato tranquillamente verso le 14.00, volo tranquillo con la Luftansa arrivo a San Pietroburgo verso le 19.00, controlli, file, perdite di tempo e così via.
Alle 20.30 ero fuori ad aspettare il Professore che avevo avvertito appena atterrato. Una vecchia Golf si accostò e riconobbi il professore dalle foto che avevo visto sul giornale, convenevoli, saluti e intanto partimmo.
L'aeroporto di San Pietroburgo è fuori città e quindi imboccammo una lunga strada che attraversava una lunga abetaia innevata, sulla strada non c'era un cane, faceva un freddo boia e il bidone del professore aveva il riscaldamento scassato, anche se dubito che lo abbia mai avuto vista l'età della macchina. In ogni modo iniziammo a parlare ed il Professore mi mise in mano una grossa busta di carta da documenti dicendomi - Tenga, qui ci sono una serie di dati che dopo il nostro colloquio potranno esserle molto utili...-
Stavo per chiedergli cosa c'era dentro quando fui letteralmente sbalzato in avanti mentre un orribile rumore di metallo che si accartoccia e di vetro che si frantuma mi colpì da dietro. Mi girai e vidi, anzi non vidi più il lunotto posteriore, una grossa sagoma scura c’era dietro, non si distingueva bene perchè aveva i fari spenti, ma dalle dimensioni e dal rumore mi sembrò un grosso fuoristrada. Guardai il professore che con aria letteralmente terrorizzata stava accelerando tentando di tenere la macchina in strada.
Sono loro...- ed una serie di bestemmie in russo, - ci hanno già trovati...- altra serie di anatemi, - se ci prendono siamo fottuti..., non hanno più i teschi d'argento ma restano sempre dei luridi boia...-
Un altro urto da dietro, questa volta ancora più violento ed il mondo iniziò a girarti vorticosamente intorno, capii che la macchina era ormai fuori controllo, iniziai a pensare a chi cazzo me lo aveva fatto fare, quando con un ultimo urto violento improvvisamente il mondo si fermò con un assordante rumore di lamiere che si contorcono e di vetri che esplodono.
Avevo la testa come un pallone, ma incredibilmente mi accorsi di essere ancora vivo, ringraziai gli Eterni per la mia buona abitudine di mettere le cinture e che, per fortuna, anche quella volta l'avevo fatto. Con la busta stretta ancora in mano rotolai giù da ciò che restava della macchina non trovando più la mia portella. Improvvisamente mi ricordai del professore e traballante mi avvicini alla sua parte, lo vidi lì riverso sul volante, il viso una maschera di sangue, respirava a fatica ma non si muoveva. La macchina era letteralmente schiantata contro un abete che si trovava fuori dal bordo della strada. Sentii un rumore e vidi dalla strada buia e vuota le luci di un fuoristrada che illuminarono la scena, sentii delle voci parlare in russo, e dei passi nella neve che si avvicinavano lentamente.
Cerco di orientarmi e di capire dov'era la strada; mi allontanai dalla macchina, tenendo la busta sotto la camicia, andando verso la zona che non era illuminata dai fanali del fuoristrada; cercai quindi di aggirare la zona illuminata e di arrivare in vista della macchina coperto dall'oscurità
di questa strada che era priva di illuminazione stradale; Presi da terra un grosso bastone e mi avvicinai all'auto cercando prima di vedere com’erano posti i "teste di morto" nelle vicinanze dell'auto, sperando che avessero lasciato uno in macchina o in ogni caso lì vicino e che gli altri fossero andati alla nostra macchina per finirci.
Intanto sentii il rumore sordo di due colpi sparati col silenziatore e capii che se il povero professore non era morto prima lo era sicuramente ora. Mi avvicinai di soppiatto col grosso bastone all'unica guardia che effettivamente era vicino alla macchina, era un energumeno grande e grosso con indosso un vecchio giaccone mimetico dell'armata rossa ed un colbacco.
E qui entrò in gioco la mia proverbiale fortuna, se ancora ci ripenso non ci posso credere.
-CRACK...- Sentii provenire da per terra mentre mi accorsi di aver pestato un ramo seppellito dalla neve e mi rendi conto che non ero stato l'unico ad averlo sentito.
L'energumeno si girò infatti di scatto verso di me con una pistola in mano e sorridente mi disse - Dasvidania tovarich...- e vidi che stava per premere il grilletto quando...
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Un rombo assordante attirò sia la mia sia la sua attenzione sulla strada, un’unica luce lontana si avvicinava sempre più grande, improvvisamente vidi apparire sulla strada una moto di grossa cilindrata, sentii esplodere una breve raffica e vidi l'energumeno cadere al suolo con un espressione
ancora stupita sul viso, due altri figuri tornarono verso la macchina dai rottami vicino l'albero, uno aveva un Kalishnicov, l'altro una mitraglietta Scorpio. Il motociclista intanto era arrivato, una frenata in derapage accanto a me, altre due raffiche ed il secondo cattivo era all'altro mondo.- Sali !!! - mi gridò con la voce distorta dal casco.
Io non ci pensai due volte anche perchè l'ultimo dei tre mi invogliò ad accettare con una raffica che mi fece esplodere la neve sotto i piedi.
Quindi fui subito a bordo e mi abbracciai disperato al motociclista quando questo partì a tutta velocità impennandosi. Riuscii solo a vedere il terzo assalitore cadere abbattuto dall'ultima
raffica del mio salvatore, poi il gelo dell'aria mi accecò costringendomi a chiudere gli occhi e a cercare riparo dietro la schiena del motociclista.Arrivammo all'aeroporto e ci fermammo. Intanto aveva iniziato a nevicare. Scesi dalla moto e così fece il mio salvatore, lo guardai adesso per la prima volta, statura medio piccola, un paio di jeans, un giaccone verde, un casco dalla visiera scura.
Non sapevo cosa dire, ma lui a ruppe il silenzio, si tolse il casco rivelando una cascata di lunghi capelli color miele...e mi trovai davanti ad una bellezza da mozzar il fiato.
Mi guardò e con un sorriso disse -Amico mio sei un uomo fortunato, un attimo più tardi e andavi a fare compagnia al povero professore..., d'altra parte si può dire tutto degli ex agenti del K.G.B. ma non che siano degli inetti...- Poi si passò la mano tra i capelli e aggiunse - Il volo per l'Italia parte tra meno di un ora ti conviene muoverti…-
Si girò e si rimise il casco risalendo sulla moto. Quando tu mi risvegliai dal momento di stordimento in cui ero caduto e le chiesi -Ma tu chi sei ?..-
Lei sollevò la visiera e disse -Gabriel..., Gabriel Skorzeny..., agente speciale dell’ Interpol, e per stanotte tuo angelo custode..., ci si rivede Giorgio...- e abbassandosi la visiera sparì nella notte come vi era apparsa.
Di una sola cosa ero sicuro, l’avrei incontrata di nuovo….
PATHOS © 2000
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