... VORAGINIBUS NON EXSTITIT

di Autori Vari

Story by Simone “Biagio” Biagini, 
Directed by Leonardo “Digio” Di Giovanni, 
Starring: Luigi Iago, Paolo Campbell, Diana Fujimori, Damien Diomenni,
Editing: Diana “Andromaca” Di Giovanni
Special Thanks to Andrea “Pantarkos” Morgando
in: La prima quest nell’R.5. L’Abisso, Regno dell’Assenza.


IL RISVEGLIO

Il millennio è finito. L’Armageddon è passato. In quella notte terribile, gli Eterni hanno abbandonato l’uomo al suo fato e molte Note li hanno seguiti. L’Abisso si è spalancato e i Guardiani dell’Assenza si sono riversati nella realtà per cancellarla, per porre fine alla Storia. Davanti al dilaniarsi del Pathos nella millenaria lotta fra Euforia e Disforia, nel supremo culmine del cosmico evento del Seme Riunito, L’intervento dei Messaggeri della Presenza, alleati ad alcune frange del Pathos, ha sbattuto le porte davanti al Nemico di sempre, ma intanto alcuni Guardiani erano entrati nella realtà, trovando la loro missione interrotta bruscamente. Questa è la storia degli sfortunati esseri mortali che si sono trovati dinanzi alla loro furia, in quegli attimi fatali fra l’Armageddon e il richiudersi della Soglia per l’Abisso. Questa è la storia di quattro Alterazioni del Pathos, cancellate dall’esistenza dai Guardiani dell’Assenza... 


Vuoto.
Tutto.
Scintilla .
Io.
Io sono.
Io sono.
Un uomo.
No... Io... sono.
Forse... vago ricordo... 
Io sono. Chi ero?
Pensiero.
Coscienza... Io sono... Sono... 
Forse... forse Sono... forse Sono Io forse... Siamo... Chi? Noi? Noi
... il tutto... nulla... sono sempre Io... niente altro... sono Io
... ed Io... 
Solo... sono solo... 
Disperazione.
Fa parte di me... Io Sono... Disperazione fa parte di me... fa parte
della Coscienza... io Sono... Somma dei miei Pensieri... io Pensiero
... io Tutto... 
Quali pensieri... quali?
Pensiero... Discorso... Verità... ... LOGOS
Ci sono Io... Io Sono... So di essere... quindi sono... 
Sono Pensiero... sono Individuo... niente altro al di fuori di me... sono Tutto... qui... niente altro... 
Esploro... Me... tracce di altri Me... un Io passato ha vissuto qui... quando? Dove? Chi era? Chi ero?
Io ero... ma io Sono... quindi Sono è uguale ad Ero... in me non esiste tempo... non esiste tempo fuori di me... qua tutto è Me... Io Sono... Io Sono Stato... Io Sarò... siamo tutti qui... 
Ho bisogno... ho bisogno di luce... ho bisogno di Me... ho bisogno di Caos... Tutto è Me... modello Me... creo il mio Mondo... 
Poi questo pensiero mi paralizza.
Il mio Mondo.
Avevo un Mondo?
Come era?
Qual era il mio ruolo lì?
Chi ero?
COSA ero?
Il mio mondo.
Avevo un Mondo?
Non lo so... 
Come era?
Forse non era... di certo sarà... 
Iniziamo... 
Chi sarò... prima... cominciamo... comincio... creo... 
Luce... poi cielo... le acque... le terre... e... 
Ma, ecco, l’atto stesso di creazione, che la mia mente cerca di perpetrare, sembra quasi un atto di bestemmia in questo luogo. Sento il peso del Nulla attorno a me che mi opprime sempre più e la disperazione si ingigantisce... 
Apro gli occhi nelle tenebre.
Nulla è stato creato. 
Il Nulla è.
Nulla è... Io sono... 
Io sono... Nulla è... 
Io sono Nulla... contraddizione... eppure... esiste... 
Nulla è... Io sono... Io Nulla... 
Ho solo questo... Io... e Nulla... Essere e Non Essere...
due opposti... Io sono, Nulla è... Pieno... Vuoto... vago ricordo... 
qualcosa riaffiora... 


0

Io Sono... 1
Nulla È... 0
ho solo questo... 
Ci sono solo sette note, tre colori e dieci numeri, l'importante è ciò che facciamo con essi... Cos'era? Chi lo disse? Non importa... non è vero... ciò che è vero è che ci sono solo due numeri... ciò che facciamo con loro è importante... ...un'eternità di 1 e 0... mattoni per modellare lo spazio intorno a me
10100100100010010100100000101111010100101000111101001
00100101000100101000100011111111110010100100101000100
01010010100010101111111110001000101001001001111111001
0101010101001010100101001001010100101001001010001111
Il Nulla... 
Il Nulla...


Cosa sono??
Chi sono?? o chi ero??
Cerco di ricordare ma nella mia mente c'è troppa confusione, troppi ricordi confusi... 
L'ultimo ricordo è quello di una donna... no non una donna ma un DEMONE! Cosa è successo dopo? Niente... Il buio mi ha circondato e da allora non ricordo nulla... 
Devo cercare di ricordare... CHI SONO? CHI SONO?
Non sento nulla attorno a me. Non le sensazioni, non il familiare sentore del mio corpo.
Sono forse anch’io soltanto il nulla?
O forse posso... 
tornare... 
indietro... 
Indietro ma dove... dove devo tornare? Non ricordo o forse... sì ricordo un luogo ricordo una persona... 
Ricordo il suo volto ed il suo nome... Semirea ma chi era costui? Che legame c'era tra noi?
Ma il mio nome qual è? uno sforzo che mi sta distruggendo ma devo riuscirci... 
DEVO... DEVOOOOOOOO
Ecco ora ricordo il mio nome
Io sono Paolo Campbell
Il nome risuona a lungo nella mia mente. Ma non sembra portare la chiave della luce che dissiperà le tenebre che mi circondano. Un sottile senso di disperazione mi assale.
Devo ricordare... Una volta qualcuno mi disse che il vero potere sta nelle emozioni che ognuno di noi prova... se riuscissi a concentrarmi e a ricrearle nella mia mente (se in questo stato si può parlare di mente...) se riuscissi a concentrarle per ricordarmi chi sono cosa sono e cosa provavo prima... Cercare di ricreare i miei stati d'animo... la gioia, la passione, la paura tutto ciò che caratterizzava il mio essere prima di essere ridotto in questa forma... 
Devo.
Devo.


Una scintilla che brucia, il dolore sono io.
Dove mi trovo?
Come sono finita in questo luogo?
Ricordo un folto gruppo di persone, rituali... Poi più nulla.
Solitudine. Odio.
Sento una densa melma dentro di me, come due forze che si mescolano intrinseche, per combattere. Sono un vortice... Un eterno Tao... Madre, tu sei dentro di me.
Già una volta hai accolto nella tua Coppa il dolore tremendo di chi nasce Uomo... la mia disperazione. Non ho paura.
Ricordare... Ma è davvero necessario?
Un immagine del passato. Il macabro ballo del Chino. Solo un sentimento di pietà per quel piccolo vecchio.
I due colori dentro di me hanno contorni netti. Ne rimango affascinata, in contemplazione
come stregata. Odio.
Questa sensazione di noia, di sottile velo che mi stringe che mi contiene e leggermente mi soffoca. I miei occhi vogliono vedere l'esterno cerco di scorgere qualcosa, fuori da me.
Tra le varie illusioni, ombre. Allungo le braccia cerco di toccare qualcosa. SO di non trovare il Nulla, intorno a me.
E questo sapere diventa certezza. E le braccia che non ho rispondono al mio ordine e cingono il mio corpo nudo. I lunghi capelli sciolti nel Nulla. Solo il nulla attorno a me. 
Solo il battito del mio cuore nel cuore del Nulla.
Ascolto il tranquillo ritmo dentro di me. È il Tempo, esiste! Sento calore... il contatto con la pelle! Tocco forme un dì conosciute... ma sono proprio io? Racchiusa, un piccolo feto nell'infinito... sorrido, all'Inizio doveva essere così. Pettino i capelli con le dita, sono una bambola No, una piccola donna, riconosco me stessa.
Mi muovo.
Voglio risvegliarmi da questo calmo torpore. Le mani e i piedi cercano per camminare piano, le mani davanti. Ma non incontrano niente. Sospesa nel vuoto. Non nell'aria, ma nel vuoto. 
Non nel buio, ma nell'Assenza di ogni cosa. 
- Dove sono?- È ormai un sussurro, una voce, un urlo. 
Ma non c'è nulla che possa propagare il suono della mia voce attorno a me. 
- Io non sono un Nulla, e intorno a me Tutto esiste!- Lo affermo con convinzione. Ma il Nulla attorno a me non muta, smentendomi sinistramente.


Ecco.
Una scintilla nel buio.
Dal niente.
Quella scintilla sono io.
Cosa sono?
Cosa ero?
... ... 
Un uomo.
Sì ero un uomo.
Ma doveva essere stato molto tempo fa, perché faccio fatica a ricordarmelo.
... ...
Ora cosa sono?
Non sento alcuna sensazione.
Forse sono solo un pensiero smarrito... 
... ...
Disperazione
... ... ...
Eppure qualcosa... qualcosa ci deve essere.
Qualcosa... qualche ricordo... 
perché io ERO qualcuno, ma chi? E come posso riscoprirlo?
... ... 
Pensiero.
- Forse sono solo un pensiero smarrito... forse è un istante di vita nella mente di qualcun altro... 
Ero un uomo... si... poco o tanto tempo fa non ricordo... ma ero un uomo... E gli uomini cosa fanno... cosa hanno tutti in comune se non la vita... e la MORTE... 
La Morte un suono che mi pare molto familiare... come se un tempo avessimo trascorso qualche momento insieme... come se fosse sempre stata dentro di me... forse è proprio questa la Morte!
forse è così... forse è questo il suo abbraccio... Cosa mi è successo? Mi sembra che la testa stia esplodendo... mi fa tremendamente male... 
La mia testa... avevo un corpo... ma dove è?... Ricordo un attimo... un'immagine... Orrenda... 
Quell'unghia nera che apre la mia carne e poi il buio... prima di ora... 
Devo tornare indietro... per andare avanti... O viceversa?
Forse concentrandomi, forse così...-
Il ricordo di quell'Unghia Orrenda che straziava il mio essere mi riscuote.
Il mio essere. Il mio Corpo. Sì avevo un corpo.
Mi concentro. Muoversi. Per muoversi occorre un corpo.
Ed ecco che dal nulla il ricordo delle sensazioni che davano significato al mio corpo mi sommergono. 
Il combattimento e il dolore della ferita.
L'amplesso e il brivido della voluttà.
Le carezze e il dolce piacere del contatto.
Le viscere, le mani per toccare, le gambe per camminare... 
sangue, linfa... 
esistenza.
... Poi, improvviso un battito che mi scuote... un ritmo costante, colpo e contraccolpo.
Un cuore. 
Allungo esitante le mani e le dita toccano il mio corpo nudo.
Tutto attorno il Nulla, e il vuoto nella mia mente. E quei ricordi tanto vagheggiati... che svaniscono, inghiottiti dalle tenebre.
Finiti.
Cancellati.
Niente dolore.
Niente voluttà.
Niente.
Le mani strisciano sul corpo fino al viso, strizzando gli occhi come se avessi dormito per tanto... troppo tempo.
Tossisco... i polmoni si riempiono di nulla... forse di aria... il sangue torna a scorrere nel mio corpo... sul petto l'Orrenda Cicatrice... 
Una lacrima non basta a richiamare il ricordo... qualche istante della mia vita... 
Provo ad alzarmi... e barcollando mi guardo intorno... cerco tracce, indizi, informazioni... come se la mia mente fosse vuota... o forse è solo una superficie, oltre la quale sono ammassati i miei vecchi pensieri... Le mie EMOZIONI... 
Che tutto sia stato cancellato? No cazzo, NO! Devo scavare, scavare, scavare... 
Abbasso lo sguardo e vedo per la prima volta interamente il mio corpo... 
- Sono... un... UOMO...- 
Qualche istante di silenzio... mi giro e rigiro come un pazzo alla ricerca di qualcosa... 
Crollo in ginocchio... - Ma chi sono? Perché sono qui? E dove sono?- ... Attendo un minimo segnale dall'esterno.
Eppure non c'è luogo dove crollare, non c'è Nulla. 
Sospeso. Nel Nulla. 
Solo io. Solo il mio corpo.
Niente di Niente. Niente ricordi, niente luoghi.
Solo il mio corpo.
Riorganizziamo i pensieri... ci sono solo due cose... Io e il Nulla... pare che l'una non vada d'accordo con l'altra... Forse la seconda non è neanche una cosa nel vero senso del termine.
La sensazione è quella di aver già vissuto... ma di sicuro non qui! Che cazzo di senso avrebbe vivere solo nel Nulla senza poter far nulla... Ho perso i miei pensieri e piccoli frammenti di ricordi, nel momento in cui ho riacquisito il corpo... ma nel Nulla il corpo non mi serve... 
Chiudo gli occhi e cerco di sgombrare i pensieri e abbandonarmi... Abbandonare il mio corpo e ritrovare la mia mente scavare nel passato... torno indietro... torno indietro... 
E ancora una volta il ricordo. Ci sono urla dovunque. Sento un senso d'urgenza, qualcosa sta per accadere. Davanti a me una donna di una bellezza straordinaria, seminuda. 
Non è una donna. Mi volge la schiena e si avvia verso uno dei Distruttori. Paolo Campbell. Lui la guarda ammirato e si lascia abbracciare. È la sua fine. Un altra creatura indistinta salta pesantemente in avanti nelle tenebre, senza curarsi di nessuno. 
Così pure vedo un'ammantata e sinistra figura che si avventa sulla sagoma impietrita di Diana Fujimori di Discordia. 
Poi l'orrenda creatura con le unghie nere mi si para davanti... Alle sue spalle la sua ultima vittima, Luigi Iago di Psiche sta svanendo nel nulla. 
L'unghia apre il mio corpo. 
Batto le palpebre. Questo ricordo non svanisce. O almeno non svanisce il suolo su cui io camminavo. Un suolo erboso. 
Sì. Nel Nulla ora c'è un suolo erboso. Erba bassa, curata, ma un po' calpestata. Ora non riesco più a ricordarmi come era il suolo durante quel ricordo... C'era l'erba? O c'era qualcosa d'altro? Ed è poi così importante? E chi erano le persone che ho ricordato? Diana, Paolo, Luigi... chi sono? 
E questi nomi... Distruzione, Discordia, Psiche... cosa significano?
- ... Cazzo, CAZZO... - sorrido... erba... magnifica erba... finalmente un punto di riferimento... mi sdraio e mi rilasso un attimo... il profumo dell'erba si insinua nelle mie narici, come se fosse la prima volta... ma non lo è... lo so... ne sono sicuro!
Diana, Paolo, Luigi... cosa abbiamo in comune? Chi sono? Pare che abbiano subìto la mia stessa SORTE... o io ho subito la loro? Sono svaniti... "cancellati" da quelle creature... e io anche... 
facendo due più due loro sono nella mia stessa situazione o almeno simile... 
Discordia, Psiche, Distruzione... che senso hanno queste parole? Hanno più o meno lo stesso effetto dei momenti in cui passano nei miei pensieri le parole Sorte, Necessità... e Morte... un piccolo brivido... di sicuro sono tutti frammenti del mio passato... ma qual è il legame?
Strappo un ciuffo di erba, lo porto vicino al viso... e chiudo gli occhi... provo ad abbandonare di nuovo la mente, e inserisco lentamente i pochi dati che ho a disposizione... Paolo... Diana... Luigi... Dove siete?... La mia mente li cerca per tutto il prato e oltre... 
Ecco. Li sento. Sono qui. Riconosco Diana, sento che la sua mente si è già rivestita di un corpo, ma annaspa ancora nel Nulla.
Poi trovo spersi nel niente anche le scintille di coscienza che mi ricordano gli altri miei compagni, una delle quali avvolta da una fastidiosa ragnatela di concetti.
Allora la mia mente fa uno sforzo immane. Ricordo il loro aspetto di quella notte, li ricordo su quel prato fatale, la notte dell'Incubo. Prima della Fine.
Ed ecco... 
Lo sento... 
Stanno venendo a me.
Rivestiti della carne che il mio ricordo ha dato loro, e ancora una volta, il ricordo scompare, inghiottito dal Nulla... 


IL NULLA

Il Nulla. Non è forse il Nulla la più chiara manifestazione del concetto di Assenza?
Il Nulla è la Non-esistenza, quello che non è, né sarà mai.
Cosa può esserci nel Nulla se non il Nulla stesso? Eppure ora qualcuno si è risvegliato nel Nulla, inspiegabile anomalia... 
Ma sono solo una particella di esistenza circondata dal Nulla... 
E il Nulla avanza... 


C'era il Nulla.
Poi d'improvviso qualcosa apparve nel Nulla.
Era qualcosa che non faceva parte del Nulla, eppure era immerso e inglobato dentro di esso.
Qualcosa strappato dal Nulla.
Era un prato. L'erba bassa era immobile, ed emanava un tenue chiarore, come se fosse rischiarata da una Luna che non poteva esserci nel Nulla.
Damien Diomenni, Araldo delle Moire, sembrava emanare lo stesso tenue chiarore del prato.
Era in piedi in mezzo al prato, nudo, le braccia spalancate. I lunghi capelli biondi a incorniciare il volto teso come chi è reduce da uno sforzo immenso. Gocce di sudore scendevano sui suoi muscoli tesi allo spasimo. Le labbra contratte in un’espressione di trionfo.
Davanti a lui, inginocchiata, era un'altra figura. Era una donna, nuda anch'ella, i tratti orientali del viso mostravano un'intensa sorpresa. Raccolse subito le braccia in un pudico gesto a coprire il seno, mentre i suoi lunghi capelli neri le fluttuavano attorno, agitati da un vento che non c'era.
Altri due uomini si rialzarono dal suolo. Erano entrambi molto giovani. La donna si voltò verso di loro e li riconobbe. Non sapeva come, ma due nomi le venivano alla mente. Luigi Iago. Paolo Campbell. Vestiti come quell'ultima notte che li aveva visti. Ma per quanti sforzi facesse, non ricordava niente altro. Chi erano, e quale notte sfuggiva al suo ricordo?
Damien s’inginocchiò stremato... osservò una goccia di sudore cadere sull'erba che fino a poco prima era stato il suo solitario territorio... le sorrise... e per la prima volta non fu l'unico a udire le sue parole... - Diana...- Le forze gli mancarono... le palpebre erano pesanti, gli occhi si chiudevano... un po' di riposo... Crollò vicino a Diana e mentre gli occhi si chiudevano vide gli altri due individui... Erano loro... Paolo e Luigi... 
- Vi ho trovati...- ansimò prima di crollare fra le braccia della compagna. 
Nel momento in cui Damien perse i sensi qualcosa accadde che sembrò far vacillare l'esistenza stessa del prato, come se stesse per essere inghiottito dal Nulla, poi niente altro. 
Gli sguardi delle tre Alterazioni s'incrociarono cercando mutuo sostegno. 
Il ragazzo dai capelli castani si rialzò lentamente con movimenti lenti e calcolati, piante dei piedi ben salde al suolo, ginocchia leggermente piegate, vertebra dopo vertebra assunse una posizione eretta e dopo un respiro tirò su la testa guardandosi intorno con rapidi movimenti degli occhi che si liberarono pochi istanti dopo degli occhiali che li incorniciavano. - Non mi servono più-
Dopodiché passando in rassegna gli occhi dei presenti si sfilò il giubbotto nero pieno di tasche e lo fece indossare all’esanime Damien che, se non fosse stato svenuto, ne avrebbe potuto sentire subito l'incredibile peso.
Un profondo respiro, dopodiché, incurante delle altre persone Luigi si levò rapidamente il maglione grigio e la camicia e passò ad un'accurata ispezione della parte superiore del suo corpo; dopo aver finito si rinfilò la camicia nei pantaloni grigi e iniziò a guardarsi intorno silenzioso.
Una carezza all'erba immobile. Uno sguardo ai presenti. Uno sguardo a se stesso, poi una frase sibillina. - Meglio che niente... forse...- Poi, con un'espressione soddisfatta in viso, si sedette per terra in una posizione comoda e con mente calma cominciò a pensare... 
 il nel per il con il io tu noi voi sono essi perché perciò insieme essendo io essere caos essere.
Confusione. Io Penso... Io Sono... insieme a me però... altri sono... nel nulla... so come è nato... ma gli altri... sono anche essi dei costrutti... ricordi... oppure sono Altre Persone? Esistono altre persone? Esiste tutto ciò? Esisto? Dubito di tutto... dubito del dubbio... ho
una certezza... questo mi basta... __1__... ricordo... 1 e 0... io sono l'Alpha e L'Omega... direi che non è andata tanto male... prima era un mare vuoto... il nulla... entropia completa... poi sono nato... sono arrivato qua... o sono sempre stato? Forse ho portato io il tempo qua... o forse il tempo mi ha portato qui... sto operando contro l'entropia... porto caos... porto vita... qual era il mio fine... ricordare... ora ricordo... voglio ricordare... sono ricordi o persone? sono... sono qua... sono parte di me... questo è parte di me... bene... checkup completo... procediamo con il programma... abbiamo vari dati... procediamo con l'elaborazione... la simulazione può aiutare. 
Luigi Iago sorrise a se stesso. La sua mente funzionava perfettamente. Come sempre.
Anche Paolo si era alzato. Un lungo Domino nero avvolgeva il suo corpo e sotto il cappuccio si celava il suo capo, sotto il lungo mantello portava ancora il Kilt con i colori della sua famiglia fermato alla vita da una piccola borsa e una camicia di seta bianca e che indossava quella notte.
Appena si era accorto della luce le sue mani erano corse veloci sul suo corpo come se fosse stata la prima volta che lo sfioravano e lacrime gli bagnarono le guance, poi notando la nudità della ragazza e soprattutto il suo disagio, si tolse il mantello, mostrando di essere armato. Appoggiò dolcemente il mantello sulle sue spalle e sorridendo le sussurrò: - Questo serve più a te che a me ora- poi rivolgendosi a tutti - Non so chi sia stato a liberarmi da quella specie di Limbo comunque ora sono contento di essere qui.- poi guardando l'uomo ancora nudo, sotto il giaccone che Luigi gli aveva adagiato sulle spalle si slacciò la camicia e gliela infilò sorridendo. 
- Facciamo a metà? Così non prendi freddo...- 
Seguì poi un lungo silenzio che fu Luigi a rompere. - Chi siete?- Il ragazzo posò lo sguardo su Paolo e lo fissò per alcuni secondi prima di continuare. - ... Beh... io so chi siete... ma voi... lo ricordate? Ricordate qualcosa... sapreste dirmi da dove arrivate... cosa avete fatto... chi sono io?- Un sorriso enigmatico fece la sua fugace apparizione sul viso del giovane. - Dove siamo? O meglio... quando siamo? Ho solo un vago ricordo... un'ombra che si perde in un mare di Nulla...- un altro sorriso, un cambio di tono di voce - ... mi stavate prendendo sul serio? Non trovate stomachevole questo tono aulico? Queste domande retoriche? Questi controsensi? Ah! Come li amo!- Quasi divertito il ragazzo continuò - Bene... scusate... questa introduzione mi serviva per portare la vostra attenzione su una questione che mi sta a cuore: la contraddizione... ho creato una situazione, mi sono schierato contro di essa, dopodiché mi sono schierato contro ciò che affermavo sino ad un attimo prima. Contraddizione. In questo hmmm... luogo noi siamo un turbamento... siamo un'increspatura nel piattume del nulla... un 1 in un mare di 0... grazie a questo siamo vivi... non vi ricorda qualcosa? Due opposti... nessuno dei due permette la vita... solo una via di mezzo può farlo... varie combinazioni... sto cercando un nome... ricordate qualcosa?- 
Paolo guardando Luigi chiuse gli occhi e sussurrò qualcosa - Non sono fatto per queste
cose... non sono mai stato interessato a queste cose mentali... posso entrare ovunque e uscirne...-
e sorridendo toccò il rigonfiamento nel kilt provocato dalla pistola - In questo posto, sempre che di posto si possa parlare- sorridendo continuò - Mi sento prigioniero e non so come fare ad uscire e soprattutto- urlando e agitandosi contro il Nulla - NON MI È MAI... MAI PIACIUTO SENTIRMI RINCHIUSO- Poi accorgendosi dello sguardo degli altri poggiato su di lui si
calmò e ritornò a sedersi aspettando una reazione dei suoi compagni.
Diana alzò il capo. Colori attorno, il prato. Persone attorno, suoi fratelli.
Nulla di ciò che avrebbe immaginato, ma forse un mondo creato da Damien, o lui li aveva portati lì? Fu istintivo allungare le braccia ad accogliere il ragazzo, posando la sua testa sulle proprie ginocchia piegate, ora Diana era seduta... indifferente della propria nudità la fronte aggrottata, gli occhi diventarono due fessure. Toccò qualcosa, che non era il Nulla. Erano i capelli del ragazzo, svenuto. Avrebbe desiderato lasciarlo lì, riposare, ma se fosse scomparso tutto, di nuovo?
- Damien,- ripeté a voce ferma, scrollando piano le sue spalle cercando di svegliarlo, avrebbe avuto mille domande da fare... Poi sembrò accorgersi di Paolo che aveva appoggiato sulle sue spalle il mantello, la ragazza girò il capo per ringraziarlo e si rivolse ai due chiamandoli per nome: - Anche voi siete stati toccati dai Demoni? Cosa avete fatto per ritrovarvi qui?- 
Nessuna traccia di sorriso sul viso. Osservò di nuovo il viso di Damien, sul suo grembo
- Cosa hai fatto TU per portarci qui?- Qui... Diana si guardò attorno. 
Non era un grande prato e sembrava calpestato da molta gente. Qua e là c'erano segni di sangue. 
Gli ricordava QUEL prato, quello dove il Demone l'aveva... Scosse il capo. Il prato era molto limitato. Oltre i suoi confini iniziava il Nulla. Un immenso Abisso di Nulla, dove non poteva esistere niente. Dove finiva l'erba... il Nulla. 
I sensi di Damien riaffiorarono con il tocco di Diana... sembrò stesse per aprire gli occhi ma nulla... Era sveglio... ma per un po' preferì sembrare d'essere ancora in quello stato... La pelle di Diana sul viso e il suo tocco erano piacevolissimi... Inoltre preferiva ascoltare quei personaggi, e capire chi erano e cosa volevano... - Mi hanno messo qualcosa addosso almeno...-
L'erba immobile, il vento che non esisteva. Il tenue chiarore, Damien emanava la stessa luce.
- Come...?- Luigi pareva immobile. Pensava. Psiche... di Destino... subconscio collettivo... c'è qualcosa... un piano... un progetto... che guida tutto e tutti... Qua... Ora... ho incontrato delle persone... non sono fisiche... non possono essere... tutto questo posto è impossibile... prima era vuoto... tutto questo... è una rappresentazione... un'illusione... sotto di esso c'è un mare... un caos... Psiche di Destino... se tutte le nostre coscienze possono esistere qua è lecito supporre che anche quelle delle altre persone lo facciano... sperdute in questo mare infinito... e se ciò che regola il Destino si trovasse qua... forse serve solo cercare... serve solo... sapere cosa si sta cercando... ricorda... sei l'Osservatore... sii come Psiche... accendi il lume
... 
Silenzio. Sguardi persi... parole al vento... magari ci fosse il vento... magari... 
- Nessuno... nessuno di voi riesce... vuole...?- disse Luigi. Malinconia... solitudine... un senso d'incomprensione. Senza proferire altre parole il ragazzo si incamminò in una direzione
voltando le spalle agli altri. Vuoti pupazzi... marionette... illusioni... forse create da lui stesso... che importava? Forse il loro scopo era semplicemente fargli rendere conto di quanto era solo... di quanto non avesse bisogno d'altri... dopotutto aveva in sé tutto ciò di cui aveva bisogno... Lui Era. 
Un prato infinito sotto un cielo inesistente. Una figura solitaria in un paesaggio impossibile. 
- Li ho già visti... ne sono certo... erano con me... nel ciclo precedente... - sussurrò a se stesso - in ciò che è stato prima... ricordo loro... ed altri... luce... non come quella dell'erba... più luminosa... celestiale... - 101010111111010101010010101010010 - Tante persone... luce... una... sfera? Un... cos'era? Chi era... chi era intorno a me... altre persone... tutti insieme... sette persone... un rituale... qualcosa... qualcosa non ha funzionato... c'era vento... il vento mi ha strappato di mano il foglio... il foglio con le istruzioni per il rituale... il vento... vento caldo... insopportabile...- 1010010101010101010100101010101001010101010101 - Cosa facevo là... cosa ho fatto... prima... sono stanco... ricordo... un funerale... dei fratelli... non ho fratelli... dei fratelli... una morte... un uomo... una casa... un nonno... si... i miei fratelli ed io siamo andati al funerale di nostro nonno... a Nettesheim... dove? Dov'è? Cosa è? Chi sono... chi sono i miei fratelli... chi era il morto? Chi sono io? Vedo la scena... non sono presente... sono un osservatore esterno... ricordo un funerale... delle ceneri sparse al vento... un ponte...- 
1010101010100101010101010101001010101010101010101010 - Sul ponte altre persone... quattro... visi tristi... cielo grigio... non distinguo i volti... dove sono? Chi sono? Sono solo un osservatore? Sono mai stato là? Ho mai fatto qualcosa? Chi sono? Una casa... un libro... il Doppio Spirito... cosa è? Chi è? Cosa ho fatto? Ricordo... una biblioteca... luce celeste che filtra dalle altre finestre... illumina gli immensi scaffali neri... Londra... forse... con me... uno dei fratelli... uno... lo conosco... era con me... era con me quando sono nato... il mio risveglio... ricordo... una lunghissima notte ho letto... decodificato... ho tentato... le parole cambiavano... io osservavo e loro cambiavano... mi è bastato osservare... e io chi sono? Dove sono in questi ricordi? Sono uno spettatore dietro un vetro... una terrazza... vento...- 
1010101010100101010101010101010101010101010110 - sotto di me il vuoto... ho compreso... non posso vivere... salto... non muoio... qualcosa... qualcuno mi trattiene... sono morto... sono rinato... mi sono svegliato... il mio risveglio... qualcuno era con me... qualcuno mi ha riportato in vita... mio Padre... mi ha accompagnato... mi ha istruito... mi... mi ricordo... era una persona... no... erano due... una viveva nell'altra... cosa significa? Chi? Come?
Stefano? Si. È come se lo avessi davanti ai miei occhi...- 
101010101010010101010101010101010101010101010101010100001011 - Tutto quello che mi è successo... non può essere casuale... c'è un ordine dietro tutto questo... ogni evento... non è slegato... se sono qua... mi interrogo... se esisto... se mi sono risvegliato... se ho conosciuto... se ho... se ho vissuto... c'è un motivo... un ordine preciso... un Destino... non affidato al caso... qualcosa che lo regola... una coscienza dietro... intelligenza... non appannata dai sensi... nulla di corporeo... come... Apuleio [chi è?] narrava di Psiche che per sete di sapere era andata contro la volontà di Eros perdendone i favori... una Psiche di Destino regola tutto... sono parole a me note... ricordo... è qualcosa di già sentito... se sono qua c'è un motivo... se ho Osservato per tutta la vita c'è un motivo... c'è qualcosa da fare oltre ad osservare... forse... forse... chi sono? Sono l'Osservatore ho trovato il mio nome... è il nome che ho scelto per me... mi rappresenta... rappresenta la somma delle mie conoscenze...- 
E mentre pensava, il mondo cambiava attorno a lui. I fantasmi di un ponte, di una casa, della cenere che volava nel vento, e poi una biblioteca oscura. Immensi scaffali neri... 
Fra tutte queste immagini che tutti videro sovrapporsi come fantasmi all'immagine del prato, la Biblioteca dagli alti scaffali neri sembrò prendere maggiore consistenza. 
Ed eccola lì. 
Luigi, avvertì un dolore, come una perdita. Si accorse con rimpianto che il ricordo della biblioteca era svanito dalla sua mente. Non c'era più. Era concreto. Reale. Attorno a loro. 
Ma la sua mente l'aveva perso. Non ricordava più cosa fosse successo in quel luogo, né con chi lo aveva visitato. Non c'era più il prato attorno a loro, ma solo gli immensi scaffali pieni di libri. 
Paolo si voltò verso la porta che gli era apparsa accanto, sorpreso, ma oltre la porta c'era solo il Nulla.
Damien avvertì una strana sensazione... il prato sotto di lui sembrava aver perso la sua freschezza... 
Dopo qualche secondo Paolo si rese conto del cambiamento che era avvenuto all'ambiente circostante e vedendo l'espressione turbata sul volto di Luigi si alzò di scatto per andargli vicino.
Con passi veloci gli fu vicino e subito lo prese per le braccia - COSA HAI FATTO??? COME CI SEI RIUSCITO??? Spiegami avanti come hai fatto?- ad ogni parola la presa di Paolo sulle braccia di Luigi si faceva sempre più forte come se avesse paura che l'altro gli potesse sfuggire 
- Se tu ci spieghi... Forse noi... AVANTI PARLA... COME???... - poi incominciando a singhiozzare - TI PREGO... spiegami... dimmi... parla...- poi, poco alla volta, la stretta divenne quasi inesistente - Questo è opera tua vero??? come hai fatto??? è un tuo ricordo??- fino a diventare solo una lieve pressione dei polpastrelli sulla pelle delle braccia poi continuando a singhiozzare (la voce si abbassò sempre di più fino a diventare un sussurro) - Forse se noi focalizzassimo i nostri pensieri su un unico ricordo... ...forse potremmo renderlo reale come è successo ora, forse se riuscissimo a ricostruire tutti i dettagli di un luogo comune per tutti noi...- la presa si fece di nuovo forte - NO TROPPI FORSE... TROPPI SE... - E come un corpo senza vita si accasciò a terra continuando a singhiozzare e a ripetere - troppi forse... troppi forse... troppi forse- 
Ma il silenzio della Biblioteca, rotto dalle urla di Paolo si richiuse sulle sue parole, mentre altre cose strane accadevano attorno a loro. La finestra si spalancò con fragore lasciando entrare una folata di vento, che ricoprì i quattro compagni di una sottile polvere cinerina. Ma Luigi Iago fissava oltre la finestra. 
Là c'era ancora il Nulla, ma sopra di esso si stendeva un ponte, allungato verso l'infinito. Sia pure deformato verso il punto di fuga, l'aspetto del ponte era familiare. Era il ponte dei suoi ricordi. 
Poi ancora quel senso doloroso di perdita e un improvviso dolore alla testa. Aveva creato sì una via di fuga, ma mentre lo faceva qualcosa succedeva alla sua mente. Anche il ricordo del ponte era svanito dalla sua memoria e il dolore alla testa si trasformava in un'acuta e persistente emicrania.
Mentre le parole confuse di Paolo rimbalzavano fra le pareti della polverosa biblioteca, Damien riaprì gli occhi lentamente vide Diana e sorrise. - Buongiorno...- La ragazza gli sembrava familiare ma in qualche modo il ricordo di chi era e di cosa fosse per lui sembrava svanito dalla sua mente. Si rialzò, tendendo la mano verso di lei per aiutarla ad alzarsi... guardandola negli occhi... Era molto bella... 
- Buongiorno, bentornato... direi..- Gli stava dicendo - felice che tu stia meglio- Un altro sorriso accennato, ignorando la mano di lui si allacciò velocemente il mantello, per poi alzarsi in piedi. Una smorfia sul viso: il rapido cambiamento della "scenografia" non pareva le suscitasse altro.
- Bene... ora abbiamo finalmente qualcosa d'interessante...- sbottò, guardandosi attorno con attenzione. 
Damien si voltò verso il ragazzo singhiozzante e quello che stava guardando oltre la finestra... 
- Non ricordo più i vostri nomi, ma dovrei conoscervi, vero?- Damien scorse gli sguardi dei presenti e indicando Diana disse - Discordia... - , - Psiche..- guardando Luigi e - Distruzione- arrivando a Paolo... Questo sì, questo lo ricordava come che lui era qualcuno che apparteneva a Destino. 
- Sì... Discordia, figlia di Cassandra, Discordia di Destino.- annuì Diana - Ma in questo momento solamente Alterazione. Se ancora ha senso... chiamarsi così. Ricordo che i nostri Eterni sono partiti. Ormai siamo solo dei semplici "esseri umani"- ammiccò con tono ironico - E tu, Damien?- 
- Damien. Sì Mi chiamo così. Ricordate qualcosa pare... - si guardò intorno... osservò la zona in cui si era ritrovato... Si coprì il viso... e guardò oltre la finestra... - Quel ponte... - Spostò lo sguardo su Luigi Iago e vide il suo viso che stava cercando di trattenere il dolore... il dolore di quel ricordo... - Cercate di dargli una mano se ne ha bisogno... forse abbiamo poco tempo...- non sapeva neanche il perché ma gli sembravano le parole più giuste da dire in quel momento. Sembrava ci fosse Necessità di dirle. Tese la mano verso Diana... - Sbrighiamoci- indicando con lo sguardo il punto in fondo al ponte... 
- Andiamo, insieme!- Diana parlò con voce decisa - Paolo, le domande possono aspettare... non credi?- Tre passi verso la finestra, saggiando con cautela la stabilità del varco davanti a sé e si voltò - Qualcuno, o qualcosa, ci sta aspettando, oltre a questo luogo- pensò - E se fossero Demoni?- Ricordò quell'attimo di limpido terrore, nella lunga notte dei rituali... quando tutto si era fermato per lei. - Mia madre Cassandra... Che cosa sarà stato di lei?- Poi si riscosse e parlò rapidamente a Luigi - Luigi... questa è opera tua, sì... concentrati ancora, resisti per favore... hai bisogno d'aiuto? Cosa posso fare?- Gli occhi di nuovo verso il ponte, lo osservò intensamente, come per imprimere nella sua mente la sua immagine materializzata... 
Ma ancora una volta Luigi pareva non sentirli neppure. - Chi sono queste persone che mi stanno intorno... chi sono?- pensava perso nel dolore - Provo un certo fastidio... sono... elementi di disturbo... vedono senza guardare... non osservano... percepiscono solo l'apparenza... 
il ponte... ci camminano incontro... la finestra... non si soffermano... non è così semplice... non è così facile... chi sono? Sono forse stati degli... dei? Dei cosa? Cosa c'è nel nostro passato? C'è una comunità? C'è un'entità? C'è qualcosa di magico? Mi serve un nome... forse tra queste persone l'unico che mi può aiutare è l'uomo davanti a me... colui che vuole sapere... è l'unico che si sia soffermato su ciò che c'è davvero di importante... credo... ho una certa simpatia per lui... gli altri due... non lo so... mi sembrano... abituati a ricevere qualcosa di già fatto... di già pronto... da chi? Chi sono? Ricordi? Se loro sono qua possono tornarmi utili... proviamo a seguirli.- Con lo sguardo rivolto verso l'impossibile punto di fuga del ponte, Luigi si rivolse a Paolo: - I se e i forse ci possono aiutare... non abbiamo basi solide... niente ricordi... immagino... costruiamo situazioni ipotetiche e cerchiamo di stabilire cosa ci sia di reale cosa invece appartenga al possibile...- il tono era distaccato... quasi privo di intonazione... o completamente privo? Alcune sfumature tendevano ad appiattirsi in quel mare di nulla... - Ciò che ho fatto non è che osservare dentro me e osservare lo spazio circostante... non troverai risposte nell'ambiente che ti circonda o dentro di te... è l'insieme che ti darà una visione di ciò che stai cercando... forse... - 
Poi si voltò verso Diana - Temo che proseguendo per quella strada non otterrete alcunché... non
ricordo cosa ci sia oltre... forse...- E, ignorandola, si voltò ancora verso Paolo - Paolo... parlami... raccontami tutto ciò che ricordi... c'è qualcosa nel mio passato... un buco... mi serve un nome... sto cercando di visualizzare un'idea... ciò che mi viene in mente è una ragnatela... o forse è una stella... o ancora... non lo so... è un'icona... rappresenta un concetto più profondo... una rete... dei nodi... tutto questo ha un nome...- 
- Sì... - disse Paolo - Ricordo... È la Rete, la Rete del Pathos!- 
E quel ricordo si accese nella sua mente e ne accese uno similare nella mente di Luigi: Sospese nel Nulla sopra il ponte impossibile apparvero sette stelle di colore diverso ognuna con un colore diverso... come apparivano ad ognuna fece seguito una nota di diversa intensità... poi dei fili andarono da ogni stella alle altre, intrecciandosi... - Pathos- disse Luigi e poi il dolore che provò fu ancora più cocente tanto da farlo barcollare. Se infatti pronunciando quel nome gli sembrava di aver capito tutto, di avere ricordato tutto, fu tremendo per lui lo shock di scordare improvvisamente il concetto legato a quel nome. Un dolore profondo attraversò tutto il suo essere e non poté fare a meno di lanciare un profondo, acutissimo urlo. Paolo lo sostenne. 
- Via! Via!- urlò Damien, e tenendo per la mano Diana saltò dalla finestra e si lanciò di corsa sul ponte. Paolo ebbe un attimo di esitazione, poi, trascinandosi dietro il barcollante Luigi, li seguì nell'Ignoto. 


IL CAOS

Esiste da qualche parte, nel luogo che noi chiamiamo Abisso, il Caos delle cose dimenticate, quelle consumate e scomparse, che lentamente, vengono divorate dal Nulla.
È questo "qualcosa" indefinibile il confine del Nulla, il punto dove tutto scivola per esservi inghiottito, perché il Nulla è dentro l’Abisso ed è l’Abisso stesso.
Il Caos è solo quel poco che rimane fra il Nulla e ciò che gli sopravvive aggrappato all’orlo dell’Abisso.
Ma nulla di tutto ciò può essere percepito se non da chi è stato corrotto dall’Assenza.
Perché il Seme dell’Assenza è il seme del Nulla, e il Nulla trasuda ben oltre l’Abisso... 


Le quattro Alterazioni avanzarono sul ponte proiettato attraverso il Nulla.
Mentre la biblioteca spariva a mano a mano dietro di loro, come una lontana finestra spalancata nel Nulla, il ponte pareva non avere mai fine.
Ma pure nel suo deliquio, Luigi pensava... 
Sono... mi sono distratto... vagavo... seguivo gli altri... stavo... pensando... ricordo... il Pathos... gli Eterni... Sette Eterni... una corda da Psiche a Destino... è quello il mio posto? Dove vado... sto seguendo altri... forse... su un ponte... sono a Nettesheim... sono nel ricordo che ho di Nettesheim? C'è ancora qualcosa che non quadra... Psiche di Destino... Pathos... io sono stato qualcosa nel Pathos... dal Pathos ho ricevuto qualcosa... mi è stato insegnato... si... a controllare le menti... la mente... il pensiero... qua tutto è pensiero... tutto è energia... tutto è Psiche... e ricordò il suo ponte, quello di Nettesheim, quello del funerale... la cenere che volava nel vento e che atterrava... 
Damien si bloccò di colpo. Qualcosa apparve al punto di fuga e quel qualcosa si avvicinava vertiginosamente. 
Strinse la mano di Diana e fece un passo indietro, avvicinandosi a Luigi e Paolo.
La fine del ponte si avvicinava, ed era un qualcosa di turbinoso, come una nube multicolore molto scura che inghiottiva il ponte nella sua furia a velocità spaventosa.
Damien rabbrividì. Non c'era possibilità di evitarla a meno di saltare oltre il ponte, nel Nulla.
Ma il tempo che si prese, frazioni di secondo, per valutare questa possibilità, fu troppo.
La cosa li investì con un frastuono tremendo e i quattro si sentirono come quando, sostando sul bagnasciuga del mare, si viene colpiti violentemente da un'onda e trascinati fra i flutti.
Ma nel caos di colori, di urla, di motori, di scoppi laceranti e ringhi rabbiosi, di risa, di strappi, di odori nauseabondi e di dolcissimi profumi, i quattro si strinsero l'uno all'altro, abbracciati, finché la risacca non li abbandonò.
Paolo fu il primo ad alzare la testa.
E non capì dove era. Sembrava immerso in un mare di colori e il frastuono era assordante. Mille suoni di svariata origine colpivano i suoi timpani indifesi, con un'intensità dolorosa. Si portò le mani alle tempie, e guardò verso il basso. Là i suoi piedi poggiavano su qualcosa i cui colori cambiavano di continuo, ma dava l'impressione di avere una certa consistenza.
Un ringhio più forte lo fece voltare di soprassalto.
Un cane, o l'ombra traslucida e multicolore di esso, dagli occhi infuocati come tizzoni ardenti, lo fissava sbavando, pronto a balzare.
Lo stesso Luigi, semincosciente avvertì il pericolo. 
Minaccia... intorno... qua intorno... so che ci sono altri con me... so che stanno cercando di lottare... qualcosa di ostile... esiste... esiste anch'esso... è vuoto... nulla... Assenza... 
Calmo... nessuna agitazione... non sono un corpo... non provo dolore... non sono un pupazzo in balia del mio corpo... Nietzsche? Perché mi tornano in mente queste cose ora... ora che dovrei essere in pericolo... dovrei essere reattivo... sono calmo... ho coscienza di me... dopotutto... se dovessi morire... 
L’istinto di Paolo gli urlava nell’orecchio - Alzati... alzati... alzati e scappa... scappa - ma forse per testardaggine o per incoscienza non si mosse, gli occhi fissi sulla figura che gli stava di fronte le sue mani si mossero lentamente ma precise a cercare le sue armi... le sue due pistole
Poi d'improvviso si fermò pensando - Con queste non gli farò nulla - poi dubbioso cercò nella sua mente il ricordo di un'arma più adatta... E come d'incanto trovò la soluzione - Devo riuscire a focalizzare la spada di quell'uomo, cercare di ricordare ogni dettaglio, ogni piccolo ricordo può servire.-
Ed ecco davanti a lui era chiaro il ricordo di quella persona, che era più di una persona. Nota Pura del Pathos, Desiderio di Desiderio, Gilgamesh si era aggirato per quello stesso prato la notte dell’Armageddon, la pelle dorata da un’improvvisa mutazione, malamente celata dagli stracci che lo ricoprivano, brandiva però sempre in mano la sua possente arma. La Spada. Lo spadone di Gilgamesh, l’arma con cui aveva lottato per millenni... Sorta dall’oblio delle rovine di Uruk dove lui stesso l’aveva nascosta... 
Ed ecco ne sentì il peso e la consistenza nelle mani che si richiusero entrambe sull’elsa. 
E se in quel momento un lieve malore fece per un attimo vacillare Paolo, mentre avvertiva la scomparsa nella sua mente del ricordo della spada, pensò - Me ne frego. Meglio averla qui fra le mie mani che nei miei ricordi.-
Vide con la coda dell’occhio i suoi compagni che si stavano rialzando a fatica e si frappose fra loro e il cane spettrale, la spada stretta fra le mani.
Ma la creatura non appariva per nulla intimidita. Spalancò la bocca, emettendo un fiotto di gas mefitico e poi si librò rapidamente nell’aria, saltando sull’unica figura che pareva costituire un pericolo per lei.
Il cuore di Paolo ebbe un sobbalzo. Il soffio del cane lo colpì in pieno volto e si sentì mancare. La pelle del viso cominciò a bruciare, come colpita dall’acido. Il dolore era tremendo, ma sia pure nella sofferenza non dimenticò d'essere un figlio di Distruzione, nato per combattere.
Alzò la Spada di Gilgamesh e le fece percorrere un arco violento nell’aria, davanti a sé. Lo Spettro lanciò un guaito acutissimo e si dissolse in una nuvola leggera che scese al suolo e si mescolò con i suoi colori vorticanti.
Paolo lasciò cadere la Spada a terra e si portò entrambe le mani al viso.
Damien lo raggiunse di scatto tentando di pulire il viso con un brandello di vestito. Raccolse rapidamente la Spada e poi osservò gli altri facendo intendere di rimanere uniti... Chiuse gli occhi per sospirare... cercando sollievo, e come un fulmine apparve nella sua mente l'immagine di tre donne che tessevano... fermavano il loro lavoro... lo guardavano e annuivano... per terra vide la Fiaccola che aveva in mano fino a pochi secondi prima della sua "Morte"... 
Poi ancora quella leggera sensazione di dolore alla testa, e la Fiaccola apparve ai suoi piedi. L'afferrò convulsamente con la mano libera, mentre Diana lo sostituiva nel prendersi cura di Paolo. 
E fu in quel momento che le quattro Alterazioni sentirono che non erano più sole. 
Una Mente era lì in mezzo a loro. Potente oltre ogni immaginazione. Malvagia oltre ogni speranza, Ostile come mai nessuna.
Il tocco di essa sulle loro menti era imperioso, come chi è sorpreso, irritato e vuole avere risposte, e subito.
In quel tocco ognuno di loro riconobbe una forza già avvertita, la stessa sensazione di disperazione che il tocco dei Demoni aveva instillato in loro trascinandoli nel Nulla.
Un Guardiano dell’Assenza li aveva raggiunti.
Damien diede un'occhiata intorno e tracciò mentalmente un sentiero... guidato dalla Sorte forse avrebbe potuto trovare la giusta strada... E immediatamente gli vennero in mente certi antichi sentieri boschivi che tante volte aveva percorso. 
Il sentiero apparve davanti a loro. Nel rombo e nei sussulti ringhiosi del Caos, apparvero le sagome indistinte di alti alberi d'autunno, attraversati da uno stretto sentiero ricoperto da un tappeto di foglie rosse. Damien ignorò il familiare dolore che accompagnava la perdita di un ricordo - Quella bestia non sarà l'unico ostacolo... dobbiamo stare uniti e armarci di coraggio... e forse di qualcos'altro...- Disse indicando la spada... in quel momento cercava di ricordare la propria provenienza... Destino di DESTINO... ricordò sua madre e ciò a cui Lei era più legata... DESTINO stesso... e l'immagine si soffermò su uno dei suoi volti... Morte... e la sua falce... cercava ora l'aiuto di chi diverse volte l'aveva salutato da vicino senza volerlo abbracciare per sempre... Morte... Ma nessuna falce apparve nella sua mano. 
Spingendo gli altri a seguirlo, si avviò per il sentiero. 
Il Guardiano che non vedevano, ma di cui avvertivano la presenza, emanò una rabbiosa sensazione di disappunto. Nell'aria si sentirono degli ululati. 
- Correte! Correte!- Li spronò Damien mentre imboccavano il sentiero.
Si lanciarono di corsa mentre la mente di Luigi continuava a lavorare alacremente:
Quale è la mia strada? Cosa mi aspetta nel prossimo futuro? C'è una logica negli eventi che ci circondano... nel volo delle mosche... nei venti... nelle coincidenze... Psiche di Destino... Ragione di Morte... Ragione Sovrana... Follia Sovrana... Follia di Morte... tutte insieme... non le si può scindere... Minaccia... non voglio essere annullato... distrutto... annichilito da questa... presenza?... da questa _Assenza_... Se Io Sono... e intorno a me Nulla È... e le due cose si sono mischiate per formare tutto questo... allora tutto questo è parte di me... tutto questo ormai fa parte della mia mente... mi è stato insegnato a manipolare la mia mente... la presenza ostile sta in me... è parte di me... l'assenza ostile è parte di me... Ciò che mi ha insegnato mio padre... userò ciò che mi è stato insegnato... userò parte di me per cancellare ciò che ora si trova al mio interno... mischiato a me... posso e voglio farlo... 
Fu così che Luigi chiamò a sé l’Energia del Pathos. Un nemico li seguiva e lui avrebbe cancellato quel nemico, anche se fosse stato solo un fantasma della sua mente. Ma nessuna energia venne a lui. Niente. La perdita era stata totale. Nulla gli era rimasto. 
Aprì gli occhi e si accorse che Diana lo stava aiutando a correre. La scostò gentilmente. Ce l’avrebbe fatta da solo.
Damien continuava a correre. Aveva la Spada in una mano e con l’altra trascinava con sé Paolo, che sembrava ancora incapace di vedere. 
Ma l’attenzione di Damien era vigile anche nella fuga. Gli ululati provenivano da dietro di lui ma non si voltò per vedere se i mastini infernali o quel che erano si stavano avvicinando.
Ormai era padrone di sé stesso e dei suoi ricordi, ricordò un sentiero che curvava bruscamente, e deviò il sentiero... Il bosco di latifoglie proseguiva e loro sfrecciavano dentro di esso. Ai margini esso si confondeva nella sostanza del Caos. La presenza del Guardiano pareva farsi più debole, più remota, e questo lo incoraggiò.
- Fuori, fuori di qui!- pensò e d’improvviso il bosco svanì attorno a lui e il suolo da sotto i suoi piedi. Un vortice assurdo di suoni e colori lo investì violentemente e il frastuono assordante lo scaraventò nel buio.


L’ABISSO

Ci sono luoghi, sull’orlo dell’Abisso, dove la realtà, attraverso il Caos, precipita nel Nulla.
In quei luoghi dimorano coloro che dell’Assenza stessa dell’Abisso sono i figli.
Sono essi i Servi dei Guardiani, parte e proiezione infinitesimale dei loro padroni, e veicolo delle loro volontà.
Là dimorano, ignari delle altre realtà che non siano quelle parti delle menti dei loro padri in cui hanno avuto origine... 
Alieno è il loro universo e aliena la loro esistenza, fatta di schegge di mondi cancellati e dimenticati nel Nulla... 


Diana Fujimori tentò di aprire gli occhi ma non ci riuscì. Oppure i suoi occhi erano aperti ma quello che percepivano non poteva essere reale. Sembrava immersa in un oceano di piccole nebulose oscure e sfocate, lievi ronzii e lontani, attutiti, remoti rumori, che sussurravano la propria esistenza nelle sue orecchie, precedentemente offese dal frastuono del Caos. 
Non sentiva più la mano di Luigi nella sua e temette di avere nuovamente perso cognizione del proprio corpo, come già le era accaduto nel Nulla.
Poi sentì il proprio cuore battere, e capì che, dovunque fosse, era ancora viva e integra.
Aguzzò i suoi sensi, ma non riusciva a percepire nulla, se non la presenza di qualcuno lì attorno. 
Tentò di concentrarsi. Era stata un’adepta di Discordia e la disciplina orientale di concentrazione e di meditazione non era forse scritta nella storia dei suoi Antenati?
Ascoltò il battito del suo cuore e si impose la calma degli spiriti contemplativi, e il suo spirito tentò di librarsi oltre i suoi vincoli, e i suoi sensi si estesero al massimo delle sue umane capacità.
I rumori erano voci. Lo capì come un’illuminazione, ma comprenderle era al di là delle sue facoltà. Ne sentiva comunque l’agitazione e la sorpresa, il timore, forse la paura.
Sì. Qualcuno era là, attorno a lei e aveva paura di lei.
E per un attimo la sua mente tornò indietro nel tempo, a quella notte fatale. Ricordò la Voragine oscura apparsa nel Nulla, quella che aveva partorito i Demoni, e ricordò la prima, esitante voce che ne era uscita: - Chi siete? Cosa volete da noi? Lasciateci in pace... Perché volete venire di qua...?-
Una frase che aveva sconcertato i suoi Fratelli nel Pathos. Quello era il Varco nell’Abisso, il varco da cui i Guardiani dell’Assenza avrebbero invaso il mondo. Eppure proprio da lì, quella voce impaurita, timorosa, quasi che dal nostro mondo partisse un invasione del suo.
Poi tutto era cambiato. La voce si era gonfiata in un ruggito di malvagità e violenza e i Guardiani avevano iniziato ad uscire.
C’era un’unica spiegazione. 
I Guardiani non erano gli unici abitanti dell’Abisso. Sì, perché lei era nell’Abisso, ora lo sapeva, il Regno dei Guardiani dell’Assenza! Tutti i ricordi finalmente tornavano al loro posto.
C’erano altri... possibili alleati forse? 
Qualcuno che li avrebbe fatti uscire? Fuggire?
Tentò di alzare una mano per comunicare. Immediatamente i rumori che sapeva essere voci si fecero più frenetici, più spaventati. 
Si sentì spinta via in qualche modo, senza che nulla la toccasse.
No, non lo fate! Avrebbe voluto dire, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. 
E si sentì precipitare ancora.
Verso l’Ignoto.


L’ISOLA

Niente resiste alla furia dei Guardiani, capaci di cancellare interi Universi.
Ma se non c’è più alcuna realtà da cancellare, su cosa i Guardiani rivoltano la loro furia negli eoni fra la fine di una Storia e l’altra? 
Fu così che, come Isole nel Nulla, risparmiarono dalla cancellazione megalopoli gigantesche, spettacoli della natura, razze, porzioni di mondi alieni... in parte illusione, in parte realtà sensibile, ma dividevano lo stesso fato. Prima o poi in pochi istanti sarebbero state cancellate, come se mai fossero esistite.
Schegge di realtà come Isole perdute nell’oceano del Nulla... 


Paolo si alzò, dolorante come se fosse caduto da una grande altezza. Si guardò intorno e vide che si trovava fra delle rovine. Accanto a lui i suoi compagni si stavano rialzando.
Strabuzzò gli occhi e si passò le mani sul viso. Non avvertì alcuna traccia di ustione e la sua vista funzionava perfettamente. Raccolse la spada che era caduta a Damien e si alzò in piedi.
Si trovava al centro delle rovine di un tempio, forse greco. Fra le pietre sconnesse, c’erano ciuffi d'erba. Il colonnato Dorico era ancora intatto e così pure i timpani.
Alzò il capo. Il cielo era plumbeo e, lontano sull’orizzonte, c’era una sinistra striscia di nero, della cui natura non poté dubitare, perché era diverso da qualunque cosa lui avesse mai conosciuto.
All’orizzonte, quella striscia nera era il Nulla.
A fianco a lui c’era un pozzo, chiuso con un coperchio di pietra, sormontato da uno strano sigillo di creta.
Il tempio si trovava su una collina sassosa, che degradava verso il basso, mischiandosi con la sabbia e la ghiaia di una piccola spiaggia nera che scivolava nel mare.
Paolo fece scorrere il suo sguardo sul mare, poi rabbrividì quando vide che a un certo punto i flutti si perdevano nel Nulla. Si guardò intorno. Ovunque in tutte le direzioni era lo stesso. 
Un fazzoletto di terra e ciottoli circondato dal mare, immerso in un oceano di Nulla.
Non c’era nessun posto dove fuggire. 
Erano prigionieri.
Prevedibile pensò Luigi... anzi... era quasi certo... meglio non lasciare alcunché d'intentato comunque... non ricordo questo posto... forse si tratta di una contaminazione... in effetti non ricordavo neppure quella presenza... quella Assenza... questo mi sembra chiaro: non sono solo qua... c'è qualcos'altro... o non c'è... non perdere la calma... ovviamente... ricorda... tu... noi... io... noi siamo... noi... io... 
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e, senza usare troppa forza, ne staccò uno dalla sua fronte per poi lasciarlo cadere in balia del vento, per misurarne direzione ed intensità, dopodiché percorse a passi d'ampiezza costante il perimetro dell'Isola, toccò l'acqua, la odorò, la assaporò e alla fine si sedette un attimo per elaborare i dati raccolti.
Il Vento era poco più di una brezza leggera e soffiava costantemente dal mare verso l’isola, in tutte le direzioni, innalzandosi al di sopra del Tempio, più o meno in prossimità del pozzo. L’acqua era salata, di mare. Le conchiglie sulla riva non erano di certo strane. Anzi sembravano normali conchiglie come se ne trovano in qualunque spiaggia del Mediterraneo. 
- Un pozzo. Un tempio. Il mare. Un'isola.- mormorò pensierosamente - Non c'era il tempio, non c'era il pozzo... c'era solo un cedro... però tutto questo mi ricorda qualcosa che lessi molto tempo fa... faceva parte del mio studio all'Accademia della Metafisica... i ciottoli neri... il mare... Okeanos... forse siamo arrivati dove tutto cominciò?- 
Eppure... proseguì fra i suoi pensieri più intimi, tutto questo non c'era... qui Nulla Era... prima che arrivassimo noi... forse nulla esiste in assenza di un osservatore... è tutto un'illusione... forse... sta tutto nella nostra psiche... forse... ma soprattutto... PERCHÉ siamo qua... ? 
- Forse non avremmo dovuto lasciare quel ponte... - disse ad alta voce - C'erano ancora delle
cose da chiarire... quel luogo era noto... era familiare... era un nostro parto... ora ci troviamo in un luogo sconosciuto...- 
Perché li hai seguiti? Perché... si ripeté amareggiato mi sono assentato... In che senso? Ero assorto... è come se qualcun altro avesse deciso per me... Perché? Perché io sarei rimasto là... Perché? Per... parlare... riflettere... dove come cosa quando? Ricorda che ora hai una certezza: Essere. C'è anche un'altra certezza... qualcos'altro È. Lo sai perché in mezzo a questo nulla ci sono anche cose che non hai creato... È vero... Perché? Perché... Come? 
- ... Perché siamo qua?- riprese poi con fare assorto - ... È una cosa che probabilmente in tanti si
sono chiesti. Da sempre. Anche noi ora dovremmo farlo. Penso- Voce priva di tono. Priva di espressione. - Perché siamo qua? Prima di chiederci Come e Quando siamo arrivati dovremmo chiederci Perché, penso. Suppongo che ci sia un motivo. Il mio non è un finalismo nato per caso... SO che esiste un Destino... quindi deve esserci un motivo per cui siamo qua... e c'è un motivo se siamo qua... - Ricorda... Psiche di Destino... Ragione Sovrana... Eppure... Ragione di Morte... Follia di Morte... Ma anche... Follia Sovrana... Ricorda - Questo luogo non si trova qui per caso... noi non ci troviamo in questo luogo per caso. Vediamo di capire Perché siamo qua e non, ad esempio, in una immensa sala delle torture partorita dalla martoriata mente di un ingegnere sadico e pazzo in preda ad un ascesso dentale durante una mostra su Escher - Per la prima volta un mezzo sorriso si abbozzò sul viso del ragazzo. Ricorda... Sei... non dimenticarlo... non lasciare che alcunché ti faccia dimenticare di Essere. Ricorda... il Potere che ti è stato donato non funziona... non esiste più... non è esistito mai... non esisterà forse... però qua hai un altro potere... tu Sei... ricorda ciò che hai fatto... non dimenticare... parti di te sono ovunque qua... tu sei in mezzo al nulla... Prima... hai sbagliato... non è al Pathos che devi aggrapparti... ma alle tue uniche certezze... ciò che Esiste e ciò che non Esiste. 
A grandi passi il ragazzo avanzò verso il tempio. 
- Se si trova qua ci deve essere un motivo...- affermò con convinzione.
- Di nuovo prigionieri...- Pensò Paolo - e di nuovo questa sensazione non mi piace...- si guardò intorno e rivolgendosi agli altri disse - È inutile restare fermi qui con le mani in mano- poi sorridendo e appoggiando la spada sulle spalle - e poi ho proprio voglia di una sana scazzottata- e scoppiò in un'allegra risata, sperando che i compagni vedendolo rilassato si tirassero su di morale... Sembrò fermarsi un attimo a guardare i compagni come a cercare di capire le loro sensazioni e i loro pensieri e cercando di abbracciarli con una sola occhiata pensò - GIURO CHE VI PORTERÒ FUORI DA QUESTO POSTO- poi senza girarsi ulteriormente si avvicinò al pozzo per cercare di leggere cosa c'era scritto sul sigillo di creta.
Anche Damien si avvicinò. Osservò attentamente il sigillo ascoltando le miriadi di domande che si poneva Luigi... - Quel che è fatto è fatto, ora siamo qui e sappiamo dove vogliamo tornare...- tagliò corto - dobbiamo sapere solo come...- ... e accortosi dell'attimo di distrazione si ributtò sul sigillo... Sembrava raffigurare due anelli incrociati circondati da due serpenti.
Sia Paolo che Damien lo guardarono a lungo ma non ricordò nulla a nessuno dei due.
Damien chinò la testa sul coperchio e origliò. Non sentiva nulla e il coperchio non mostrava alcuna traccia di manomissione. - Credo sia meglio dare un'occhiata qui prima... Potrebbe essere
una Via di accesso o forse una via d'uscita...- 
Fece cenno a Paolo di dargli una mano per togliere il coperchio, e notò con piacere che l’amico sembrava essere guarito perfettamente... 
Alzarono il pesante coperchio e guardarono all’interno. C’era una scala a pioli di metallo rossastro, forse rugginoso, che portava verso il basso, immergendosi in una specie di nebbia multicolore all’interno della quale brillavano molteplici scintille. La nebbia iniziava a circa tre metri dal parapetto del pozzo.
- Ok penso che questo sia il posto da guardare- disse Paolo guardando gli altri avvicinarsi al pozzo. Si sfilò la cintura dei pantaloni, agganciò con un laccio l’elsa della spada alla fibbia e se la calò sulle spalle, in modo che la spada si adagiasse dietro la sua schiena. Poi si rivolse a Luigi e Damien - Chi di voi due vuole accompagnarmi in fondo a questo pozzo?- poi girandosi verso Diana sorrise e continuò - Non che io pensi che tu non sia capace di difenderti ma non voglio mettere in pericolo la vita di una sorellina- e sorridendo si spostò all'interno del pozzo e cominciò a scendere gli scalini verso le luci del fondo senza aspettare una risposta dai compagni.
Paolo scese con un nuovo moto di speranza nel cuore. Forse questa era una via d’uscita da quell’incubo.
Quando arrivò all’altezza della strana nebbia, la guardò attentamente. Non aveva bisogno di luce, perché le scintille illuminavano pallidamente il pozzo. Protese la mano verso di essa, poi la ritrasse, sorpreso. La sua mano aveva ricevuto una conferma tattile, come se la nebbia fosse "densa". Sembravano volute di fumo multicolore in cui nuotavano scintille di luce argentea.
Paolo si fece coraggio ed avanzò. Scese fino alla vita nello stagno di nebbia e si accorse, tastando con il piede, che la scala proseguiva ancora dentro di essa. Prese aria con i polmoni e vi si immerse totalmente, aprendo poi gli occhi. Non vedeva nulla, se non le solite scintille. Per il resto pareva non avere subito alcun danno. Riemerse e guardò verso l’alto, vedendo i volti dei suoi tre compagni affacciati all’orlo del pozzo.
Li guardò, in attesa della risposta alla domanda che aveva fatto, anche se in cuor suo aveva già deciso. Sarebbe sceso sul fondo del pozzo, nebbia o non nebbia.
- Vorrà dire che rimando la nuotatina a più tardi.- affermò Damien sorridendo - Ti Seguo!- 
Scese gli scalini che lo separavano da Paolo che, di rimando gli rispose con un sorriso.
Poi Damien si voltò verso l’alto apostrofando i due compagni rimasti in superficie: - Mbè? Che aspettate voi due?- Strizzò l'occhio e scomparve dentro alla nebbia, seguito da Paolo.
Diana sorrise e si guardò intorno. La sagoma dell’Isola era quasi rassicurante, così pacifica e quasi normale rispetto all’alienità del Nulla e del Caos.
Eppure non poteva rimanere lì. Qualunque destino l’attendesse l’avrebbe diviso con i suoi compagni. Scavalcò il parapetto e scese i primi scalini.
- Non credo che ti farebbe bene rimanere qui da solo...- disse a Luigi. - Sono certa che c’è un'uscita da qui. Avanti, vieni con noi.-
Luigi non disse nulla, sembrava pensare profondamente. Poi, in silenzio la seguì sulla scala che scendeva verso il basso.
Damien e Paolo intanto erano già immersi nella nebbia. Entrambi trattenevano il fiato, diffidenti. Poi mentre scendevano in quel fiume di scintille, qualcosa di inatteso accadde. Cominciarono a sentirsi più leggeri e poi a sentirsi tirare verso il basso come se la forza di gravità si fosse improvvisamente invertita. Automaticamente si girarono, ed ascesero la scala che fino a quel momento era stata in discesa. Poi la nebbia diventò sempre più densa, e le scintille andarono via, via scemando.
Non era più nebbia quella dove si stavano muovendo, ma acqua. Acqua gelida. Damien abbandonò la scala, che del resto era finita nell’acqua e si dette una spinta di reni. In breve arrivò alla superficie e prese aria, neanche troppo affannato. Paolo affiorò subito dopo di lui.
Si guardarono attorno, stupiti. Si trovavano in un piccolo specchio d’acqua, una polla scavata da un piccolo torrente di montagna, schiacciata fra due alte rupi. L’aria era plumbea e stantia, ma il luogo mostrava ancora della vegetazione. Al di sopra di una delle rupi potevano scorgere un bosco, sebbene gli alberi avessero un aspetto avvizzito e malsano. Sopra di loro un ponte di pietra, ad un’unica fornice, scavalcava con un arco ardito l’incavo del torrente, congiungendo le due rupi.
Prima Diana e poi Luigi emersero nella polla e si guardarono intorno. Il posto non era accogliente, ma in qualche maniera sembrava un miglioramento. Il torrente scorreva pacificamente verso valle, dove sembrava incunearsi in uno stretto susseguirsi di colline boscose.
Diana alzò gli occhi al cielo e il suo sguardo si serrò in un moto di disappunto. 
Il cielo, illuminato timidamente dalla luce del crepuscolo, non mostrava segno di stelle o altri astri. Il paesaggio, chiaramente di aperta campagna, non era ravvivato da alcun rumore di insetti o di uccelli.
La ragazza sospirò. In qualche maniera sapeva che non erano usciti dall’Abisso e che la salvezza era ancora lontana.


AGNUDANO

Nell’Alta Lunigiana esiste un ponte, sospeso su un rapido torrente montano. Lo chiamano ponte dei rumori poiché, stando alla tradizione, in quel canale è stato gettato il corpo di un indemoniato che, anche da morto, continuava ad agitarsi e a gridare.
Si dice che ogni tanto, da quell'orrido precipizio, arrivi ai passanti notturni il rumore di catene sbattute contro la roccia. Il ponte dei rumori, nell'ultimo conflitto, è stato al centro di una feroce battaglia fra partigiani e nazifascisti. E lì vicino, a poca distanza esisteva in epoca non troppo lontana dai nostri giorni, un paesino chiamato Agnudano, situato vicino ad un piccolo lago.
Un giorno le acque del laghetto cominciarono a scendere e ben presto non ne restò una goccia. Dopo qualche mese la gente vide la terra muoversi: dal fondo del lago scaturirono sbuffi di vapore e bolle di fango. Poi ci fu un sommovimento che inghiottì tutte le case del paese.
Agnudano era stato cancellato... 


- Forza usciamo dall'acqua e guardiamoci intorno- disse Paolo. Nuotò rapidamente verso riva e s'issò sulla ripida sponda, emergendo completamente dalla pozza e si tirò all'asciutto sulla riva del ruscello aspettando che gli altri lo seguissero.
Uno dopo l’altro i suoi compagni approdarono. L’aria era fresca e sentirono un forte senso di freddo. 
Quando finalmente tutti furono sulla riva Paolo si mosse lungo i bordi del bosco circostante in cerca di un sentiero che li portasse verso la salvezza o almeno in un posto più familiare... 
Salì agilmente le rupi e si pose in posizione rialzata, all’imbocco del ponte di pietra.
Paolo si sentì rinascere. Il ponte era percorso da una strada carrozzabile, sterrata, che poi si inerpicava verso la rupe e spariva dietro l’erta del bosco. Di certo una strada portava da qualche parte! Si affrettò a seguire la strada fino alla curva, per vedere se nella valle ci fosse qualche altro segno di civiltà.
Poi, rimase a bocca aperta. 
Nella tenue luce del crepuscolo, adagiato a fianco alle acque chete di un piccolo laghetto, c’era un paesino. Una trentina di case, forse, strette attorno a una chiesetta romanica. Dai tetti aguzzi delle casette di pietra si alzavano comignoli che emettevano i sottili rivoli di fumo caratteristici dei focolari. La strada puntava dritta lì.
Paolo tornò dai suoi compagni, eccitato e li mise al corrente della situazione. Le tre Alterazioni lo raggiunsero all’imbocco del ponte, presi da un nuovo moto di speranza. 
Poi il sangue si ghiacciò loro nelle vene. Un rumore di catene, come sbattute contro le rocce, li fece sobbalzare.
- Cosa è stato?- chiese Diana.
Le rispose il lontano, attutito eco di urla e spari, e il gemito di uomini in agonia.
Paolo impugnò saldamente la spada e si guardò attorno, presagendo un pericolo, ma nessun nemico apparve sul ponte e lentamente, il clamore della battaglia spettrale si affievolì nel Nulla.
Damien si bloccò. Gli spari fecero riaffiorare nella sua mente i primi coinvolgimenti in Pathos... 
Non aveva mai sparato prima, ma a volte o si spara o si muore... Cercò nella sua mente il ricordo di una pistola, ma niente apparve nelle sue mani. Qualunque fosse il meccanismo che faceva concretizzare i suoi ricordi quando erano persi nel Nulla, lì non funzionava.
- Paolo, hai due pistole, beh, credo sia il caso che tu me ne dia almeno una... - poi aggiunse, con tono rassegnato - Non so cosa sia stato... ma comunque siamo già in ritardo per quei poveracci... - Baciò due dita e le porse verso l’immaginaria fonte del trambusto, il Ponte dei Rumori... come se avesse dovuto benedire dei defunti... 
Paolo rispose alla domanda di Damien con un sorriso, si sfilò una delle due pistole dalla custodia e gliela porse, poi girandosi verso Luigi e Diana disse - Ne ho un'altra chi di voi due la sa usare? Oppure preferite la spada? Vorrei che avessimo tutti la possibilità di difenderci in caso di pericolo- e attese la risposta dei compagni.
Diana fece un gesto di diniego e Luigi non rispose.
- Andiamo verso il villaggio prima che faccia buio...- annunciò risolutamente Damien - Se riusciamo a capire dove siamo finiti forse capiremo dove andare...- si sporse oltre la curva e guardò il piccolo agglomerato di case - c'è del fumo dai comignoli... almeno non è disabitato... Forse qualcuno ci darà una mano..- 
- Giusto.- approvò Paolo - Muoviamoci: non voglio restare allo scoperto.- guardò nella
direzione degli altri due compagni che li stavano raggiungendo - non sappiamo se i rumori della battaglia siano veri o falsi in questo posto quindi meglio non correre rischi e muoverci.-
Detto questo s'incamminò verso il paese precedendo le altre Alterazioni con la spada appesa sulla schiena e le pistole nei foderi pronte all'uso.
I quattro proseguirono a passo sostenuto per la sterrata. Luigi notò distrattamente che non c’era alcun segno di ruote sulla terra battuta ma, nonostante ciò, la strada non era assolutamente invasa dall’erba. Si voltò attorno e vide gli alberi avvizziti e l’erba pallida e stentata, di colore malsano.
Diana invece continuava a guardare il cielo. - Sono almeno venti minuti che camminiamo- disse con fare pensoso - ma la notte non scende. È ancora il crepuscolo e non c’è traccia da nessuna parte, nel cielo, dei bagliori rossi di un tramonto.-
Nessuno commentò, immersi come erano nei propri pensieri e nelle proprie paure. 
Luigi seguiva il filo del proprio ragionamento, seguendo i suoi compagni con aria assente. 
Dove siamo... dove siamo finiti... perché siamo finiti qua... è già la seconda volta che mi accade... mi estraneo... gli eventi mi travolgono... forse avrei dovuto aspettare su quel primo ponte... le cose mi apparivano così chiare... perché cammino con costoro... non mi piace mi sembra che abbiano frainteso... che si stiano dimenticando di porsi delle domande... accettano passivamente ciò che gli accade intorno... non sono coscienti forse... continuo a pensare che forse essi non esistano... cosa... perché... forse... un mostro... sul ponte... saltiamo giù... un'isola... forse... non ricordo... è confuso... tutto questo... potrebbe avere un significato... tutto questo potrebbe essere una metafora... dopotutto non è materia... non è la stessa materia di quando... ricordi... sono nato... quel taglio... quel corpo... non è la stessa cosa... qua è diverso... sono più... Io... non si può dare per scontato tutto questo... è importante... rumori da una battaglia invisibile... non si può lasciar scorrere... tutto questo... penso contenga un messaggio... ricorda la domanda... perché siamo qua? Cosa mi è successo? Sono morto. Forse... ricordo vagamente... un rituale... dei fratelli Pathos... Pathos è morto... cosa è successo... hanno vinto Loro? Può darsi... ma allora perché noi quattro... perché noi e non altri... perché... Qualcuno ha toccato una sfera... un seme... un... 
La strada scendeva verso il basso e, abbandonando le rupi della zona del ponte, iniziò a costeggiare il torrente, che ora scorreva lento nel fondo della valle, per allargarsi poi in un placido, stagnante bacino, un piccolo lago, di poco più esteso del paese adagiato sulle sue rive.
Si avvicinarono lentamente al villaggio e, quando furono giunti all’inizio delle case, Paolo si fermò a guardarsi attorno.
Non c’era rumore di attività o suoni tipici di un paese in attività ma, di certo, quello non aveva l’aspetto di un paese abbandonato. Per le strade sembrava serpeggiare una bassa nebbiolina stagnante, di colore grigiastro, che non superava mai l’altezza del ginocchio.
Entrarono cautamente nel paese e videro che dalle finestre di alcune case proveniva il tenue chiarore del fuoco. Diana si avvicinò ad una casa per cercare di sbirciare oltre una finestra, ma erano tutte protette da tende o si trovavano in posizione rialzata.
Scosso, Luigi si riprese dalla sua catatonia domandando con voce svelta - Qualcuno... qualcuno di voi... ha toccato una sfera? Un seme... una bolla di... luce...?- 
Gli altri lo guardarono con aria di chi non comprende.
Avanzarono insieme fino alla piazza, videro che i battenti della chiesa erano aperti e intravidero delle figure all’interno. Alla fontana sulla destra della piazza, accanto a quello che sembrava un piccolo emporio dalle porte chiuse, un ragazzino, voltato di spalle, azionava la pompa con movimenti lenti e misurati, per riempire d’acqua una damigiana.
Forse... forse... c'è qualcosa che mi appare bizzarro... pensò Luigi... pensieri... azioni... tutto insieme... corpo e mente... tutto confuso... perché? Perché siamo qua...? Forse potrei... parlare con loro parole inesistenti... inventate... però voglio comunicare loro un concetto... un'idea... dovrei riuscirci... dopotutto... se non c'è differenza tra idea e materia qua... perché ad un significante dovrebbe corrispondere un significato? Dovrebbe bastare il significato stesso... forse... anzi... probabilmente... forse potrei si... Perché sono qua? Sono morto... ho smesso di esistere come corpo... esisto solo come spirito... come mente... anche quello che mi circonda non è fisico... dopotutto non potrebbe esserlo... me ne sono accorto prima... l'ho plasmato... modellato... potrei farlo ancora... non ho voglia... sto esaminando... prima di sintetizzare voglio studiare... voglio sapere... questo posto... potrebbe essere una metafora... come potrebbe essere nulla... inutile... ammettendo l'esistenza del caos... magari tutto quello che abbiamo intorno non ha un significato proprio... magari dobbiamo darglielo noi... forse... io... noi... Perché non ne parli con loro? Perché dovrei? Dopotutto potrebbero non esistere... anche io potrei non esistere... e quindi potrei non dubitare... però dubito... e quindi esisto... bene... sono cosciente di me... sono cosciente di ciò che mi circonda... ricorda... fisica... filosofia... forse... entropia... mantieni caos vitale... non lasciarti appiattire... sii diverso dagli altri... Se non ho un corpo... probabilmente non dovrei avere un istinto di conservazione... e probabilmente anche gli altri... effettivamente... Proviamo... 
Luigi si voltò lentamente verso Paolo e gli disse: - Paolo... potresti spararmi per favore?- 
Voce tranquilla... come se avesse chiesto di porgergli il sale... o qualcosa di simile... sguardo distaccato ma attento... come un chirurgo al lavoro... - Anzi... pensi di essere capace di autolesionarti? Non rispondere in base alle tue esperienze... in base a ciò che senti ora... pensi che sia possibile per te andare contro l'istinto di conservazione?- Sguardo attento sui suoi compagni di sventura, completamente distaccato dal paesaggio circostante. - Oppure... camminiamo da parecchio tempo... nessuno di noi è stanco... nessuno ha fame... non ho sudato lungo la strada... dopotutto... probabilmente sono morto... anche voi... suppongo... anche questi corpi... non mi pare che abbiano granché di fisico... e se non sono fisici i corpi... perché dovrebbero esserlo le cose che ci circondano... e se non sono fisiche probabilmente non sono state costruite... e non possono essere conseguenza di aggregazione casuale... in quanto non sono composte... non è materia... ma se non è materia è pensiero... e se è pensiero devono essere state create... ma da chi? E Perché?... Qua vedo... so... che ci siamo solo noi... e il nulla... e curiosamente quell'entità di prima... non l'ho ancora ben compreso... guardatevi intorno... questo posto sembra uscito da una delle avventure fantasy che masterizzavo per i miei amici... la chiesa... i contadini... le figure nella penombra della chiesa... il ponte con i rumori della battaglia... clangore di metallo... e spari... spari... notate bene... eppure questo luogo pare molto più... come dire... probabilmente il tempo non c'è... vorrei anche ricordarvi che siamo arrivati qua tramite un pozzo in un tempio in rovina su un isola sperduta in un oceano nero sotto un ponte infinito accanto ad una biblioteca impossibile su un prato statico in mezzo al nulla... suppongo anche che le armi non servano... o meglio... possano servire... ma che non siano importanti come la Volontà di usarle... dopotutto se non c'è corpo, né materia, le armi non possono agire contro il pensiero... a meno che non si pensi di usarle... ma ricordate la domanda più importante... perché siamo qua?- Il ragazzo non riprendeva fiato, non pensava che fosse necessario... anzi... ma proprio alla fine del suo ragionamento, quasi tossì per la mancanza di ossigeno e sul suo volto si dipinse un’improvvisa, inspiegabile espressione perplessa. Alla fine il fiato gli era mancato.
Paolo accantonò Luigi per un attimo. Probabilmente il suo compagno era solo un po' scosso. Indugiò un attimo a fissare il bambino, aspettando che si voltasse. L’attesa durò un minuto che sembrava un’eternità. Il bambino finì di pompare l’acqua, si tirò fuori dalla tasca un tappo di sughero e tappò con cura la damigiana. Poi svolse la matassa di spago che aveva arrotolata sul polso e la legò alle maniglie del recipiente, e si voltò, iniziando a trascinarlo per la piazza.
Quando lo videro in volto, le quattro Alterazioni ne rimasero profondamente scosse.
Il colorito del bambino era cinereo, le guance scavate, i capelli come fili stopposi impastati di polvere e fango, nel complesso sembrava quasi un cadavere che camminava... Il suo sguardo spento incrociò solo per un attimo quello di Diana ma non sembrò mutare espressione. Si passò stancamente lo spago per due volte attorno le spalle e si avviò verso una strada laterale.
Luigi intanto sembrava rimasto un attimo in silenzio. La mano sul petto che si alzava e si abbassava nel normale moto della respirazione. 
Bene... cosa vuoi dimostrare con questo? Forse... forse voglio appurare che ciò che mi circonda... perché collabori con loro? Esperimento. Cosa? Sto sperimentando... forse non sono quel che penso siano... o forse loro pensano di essere ciò che sono... dopotutto io potrei essere qualsiasi cosa... penso che basterebbe voler esserlo... come ho fatto prima... dopotutto io _esistevo_ qua prima di questo corpo... ricordo di essere stato un pensiero in mezzo al nulla... mi sono ricostruito da zero... meglio... da zero e uno... ma forse... proviamo per gioco... per esperimento... chissà... se ora volessi avere un corpo diverso... ma perché dovrei... magari solo per dimostrarmi che si può fare... ma forse è adeguato a quest'ambiente il corpo che ho ora... Eppure mi è mancato il fiato... qualcosa nel ragionamento non torna... Curioso... la chiesa... la porta aperta... le case chiuse dai panni... il bambino... no... il bambino no... probabilmente è solo un "effetto scenico"... se l'abbiamo incontrato proprio mentre stavamo arrivando ci deve essere un motivo... magari il regista... il destino ha voluto metterlo là... e penso che il suo fine... fosse solo quello di sconvolgerci... una distrazione probabilmente... certo... lo si potrebbe seguire... però... potrei anche entrare in quella chiesa... la porta aperta sembra là apposta... e le case... solo una tenda le chiude... potrei entrarci... oppure potrei tornare indietro sino al ponte... un luogo pieno di mistero... forse... oppure tutte queste sono solo distrazioni... probabilmente... e se la verità fosse celata dietro tutto questo... probabile... ma già che il fato mi ha costruito tutto questo intorno... perché non stare al gioco per un poco?
Il ragazzo si guardò un po' intorno... soppesò con uno sguardo le armi a disposizione del manipolo di avventurieri e si incamminò con passo deciso verso il bambino... - Stiamo al gioco- mormorò e poi si rivolse al bambino... - Bimbo... vuoi che ti porti la damigiana?- 
È un cadavere... potrebbe essere un appestato... potrebbe tranquillamente essere una metafora... come potrebbe essere una simpatica rappresentazione di qualche spirito... o qualcosa del genere... dopotutto non esiste... quindi potrei anche dirgli apertamente come appare ai miei occhi... che non esistono... ma potrei offenderlo... o comunque pensare di offenderlo... potrebbe essere permaloso... non per cortesia o etichetta... ma perché dispiacerebbe a me... probabilmente non è colpa sua... o non sarebbe colpa sua anche se esistesse... e probabilmente non vuole andare a prendere l'acqua dal pozzo... immagino che non gli faccia piacere e immagino anche che sia routine per lui... me ne sono accorto da come ha tenuto il laccio intorno al polso prima e da come l'ha rimesso sulle spalle poi... naturalmente se esistesse... magari è esistito... magari tutto questo è un patchwork di ricordi... oppure semplicemente è una finzione... un'accozzaglia di idee messa qua da chissà quale regista... magari per motivi a noi imperscrutabili... o solo difficilmente concepibili... mi torna in mente l'ipercubo... inutile a mio avviso... forse... più o meno dimensioni? Chi lo può sapere... io... forse... chissà perché
proprio ora... cosa? Perché ci penso proprio ora, intendo... Hmmm... forse perché libera dal corpo la mente può spaziare? Forse... oppure perché... perché siamo qui? Il dove e il come sono meno importanti del perché... ci hanno insegnato il contrario... a scuola... merito di Galileo forse... nel suo sistema il Perché era messo in secondo piano... era uno scienziato... qualcuno ha manipolato il suo metodo... come ogni cosa... il "Sistema" ? Può darsi... dipende dalle definizioni probabilmente... ricordo... quattro anni... avevo quattro anni... a casa di mio cugino... giocavamo con degli omini... inventavamo storie su personaggi inventati... li facevamo muovere in ambienti inventati... in base a regole infantili... magari ora sono nei giochi di qualche bambino... dopotutto non è altro che quello che facevo sino a... non ho più paragoni temporali... beh... quello che facevo con i miei amici... mi pare... qualche giorno prima della mia "morte" [?] Ero ad una convention sul gioco... beh... gli altri fratelli non erano ancora arrivati... mi sono divertito... il gioco è importante... ti da delle risposte... ad esempio... allarga le tue vedute... ora sto al gioco... interpretiamo colui che l'ambiente si aspetta che interpreti... tieni le carte da parte... stai al gioco.
Il bimbo lo guardò con aria assente. - No, grazie,- disse con voce atona - non ne ho bisogno. È l’ora in cui io porto l’acqua... - e proseguì sulla sua strada.
Paolo si mise davanti al ragazzo cercando di bloccarlo frapponendoglisi davanti. Il ragazzo prese nota con uno sguardo dell’ostacolo e gli girò attorno con la sua damigiana. 
- Wow abita gente strana in 'sto posto- disse ridacchiando Paolo, cercando con la sua risata di sdrammatizzare la visione che avevano appena avuto degli abitanti di questo villaggio.
- Comunque muoviamoci, li c'è una chiesa e probabilmente la gente che c'è dentro potrebbe darci una mano ad andarcene di qui, oppure potremmo seguire il ragazzo anche se penso che ci porterebbe solo in una casa con altra gente come lui... Ma è probabile che non sia così.-
Poi cercò nel borsello attaccato alla cintura e continuò - oppure potremmo dare un'occhiata nelle case del paese senza dare nell'occhio- e poi scoppiò in un'allegra risata.
Damien intanto si era avvicinato alla pompa e fece scorrere il liquido sulla mano e lo annusò. Acqua. Fredda, molto fredda, ma limpida. Damien fece un gesto ai suoi compagni, come ad indicare che lui seguiva il bambino, da solo. Ed entrò nella strada dove il bimbo stava già arrancando cercando di seguirlo ad una distanza di una decina di metri.

Paolo lo vide allontanarsi - Penso che la cosa migliore da fare sia di cercare qualche risposta- poi girandosi verso Luigi - quello che dici non è sbagliato ma come possiamo usarlo per uscire di qui? Dovremmo trovare un modo più concreto per uscire da questo Nulla e secondo me il metodo migliore è fare delle domande.- poi girandosi in direzione della chiesa - E dovremmo iniziare proprio da lì.- e si incamminò nella direzione indicata.
Arrivato sulla porta della chiesa si mise a osservare all'interno e cercò di scorgere chi c'era dentro quella chiesa di quel paese così strano.
C’erano circa un paio di dozzine di fedeli, principalmente donne, col capo coperto da un lungo panno nero. Gli parve di intravedere dei rosari di perle bianche in mano ad alcune di esse. Sembravano quasi del tutto immobili, mentre all’altare c’era un prete inginocchiato Sopra di lui troneggiava un crocifisso capovolto. Il Cristo ne era stato asportato e, al suo posto, c’era quello che pareva lo scheletro di una capra. La Chiesa era buia. La tenue luce del crepuscolo filtrava appena dalle strette vetrate. Poi il prete si alzò, si schiarì la gola e disse: - Figlioli, eccoci come sempre giunti alla fine di questa nostra funzione. Vi ricordo di meditare sul sermone di questa sera e sulla virtù della rassegnazione. È il nostro posto nell’ordine delle cose, che riflette il posto che nell’Universo ha il nostro piccolo ma familiare borgo, Agnudano.-
Il prete chiuse con queste parole il breviario e si genuflesse davanti al crocifisso prima di rientrare in sacrestia.
Tutti gli altri si alzarono lentamente, avviandosi verso l’uscita, dove, nella penombra, c’era ancora Paolo che, a grandi passi entrò nell’edificio.

Damien seguì il bimbo nel vicolo e poi in un altro. Si fermò davanti ad un portone e spinse la porta. Aguzzando lo sguardo Damien ebbe la visione di una stanza spartanamente arredata, con un caminetto acceso, dalle fiamme rosso pallide. Su una sedia a dondolo, davanti a esso c’era seduto qualcuno, ma l’Alterazione non riuscì a scorgere chi fosse.
Il ragazzo trascinò la damigiana dentro la casa e poi richiuse la porta. Damien si avvicinò e sbirciò dallo spiraglio della finestra.
Il ragazzo stava svolgendo lo spago dalla damigiana. Poi si voltò verso la finestra, come accorgendosi di essere spiato. Lentamente vi si avvicinò e tirò la tenda, con un movimento meccanico.
Damien si appiattì a terra per non essere visto... Aspettò qualche momento e si allontanò a gattoni dall'edificio... appena in vista della facciata a distanza di sicurezza controllò la tendina. Era stata abbassata e qualcuno stava chiudendo le imposte interne. 
Deluso, decise che lì non c’era niente da scoprire e che avrebbe fatto meglio a tornare dai suoi compagni.

Nella piazza Diana e Luigi erano rimasti accanto alla fontana. - Ho sete.- disse Diana - Ma non mi fido un granché a bere l’acqua di questo posto. Tu che ne pensi?-
Luigi la guardò con la solita espressione indecifrabile. Diana aveva sete, annotò nella sua mente. Anche quello non era forse un nuovo dato da considerare. E lui? Beh, sì, anche lui aveva sete.
Poi improvvisamente ci fu un rumore, uno schiocco secco e fragoroso e qualcosa di molto grande atterrò sul battuto della piazza, proprio vicino a loro, alzando un gran polverone. Diana perse l’equilibrio dallo spavento e cadde a terra. Quando alzò lo sguardo davanti a lei c’era una figura che poteva essere uscita solo dal peggiore degli incubi.
La creatura era alta circa tre metri. Il possente torace, molto umano nella forma, era sormontato da un’enorme testa cornuta, come quella di un ariete, ma con tratti che erano più umani che bestiali. Lunghe zanne aguzze si protendevano in alto partendo dalla mandibola. e gli occhi erano grandi e verdastri come il resto del corpo. Le enormi mani, che avrebbero potuto tranquillamente cingere la vita della ragazza, sembrarono contorcersi in un gesto di stizza.
Le enormi zampe del mostro sembravano quelle di una cavalletta, pronte per saltare, potenti, aliene. La creatura incrociò le poderose braccia sul petto e si piazzò proprio davanti a Diana. La guardò per un interminabile istante e poi disse, con voce cavernosa.
- Dunque è vero che gli altri non si fidano di me, se hanno mandato qualcuno a controllare. A chi appartenete? Chi vi proietta? Vedo sulla tua fronte il glifo di Nergal e su quella del tuo compare il glifo di Demogorgon. Che significa? Quest'isola è di confine e spetta solo ad Abaddon, Signore dell’Abisso, a cui mi onoro di appartenere.- Sbuffò minacciosamente dalle narici, attendendo la replica.

Quando la gente fu uscita quasi del tutto Paolo avanzò ulteriormente nella chiesa e si diresse verso la sacrestia dove era entrato il prete pochi secondi prima. Poi il suo sguardo si posò sulla parete dietro l’altare. Qualcosa di familiare lo aveva attirato prima di arrivare alla porta... 
La croce... 
La Croce riportava alla luce ricordi di una vita Cristiana, ricordi di una vita passata di qualcosa che oramai sembrava perso... Ma quello era il passato. Da quanto tempo oramai conosceva la verità o per lo meno una parte? Aveva conosciuto Dei diversi da quelli che tutti adoravano e tra di loro c'era suo/a Padre/Madre Semirea... Semirea... 
Poi come riprendendosi tutto d'un tratto dai suoi pensieri si accorse di essere ancora nella chiesa a contemplare il crocifisso dissacrato e avvicinandosi a grandi passi alla porta disse fra sé - Devo tornare indietro... Lo devo fare per mio Padre... so che lui è ancora lì che mi aspetta...-
Quando fu davanti alla porta si mise a posto la spada sulle spalle e nascose meglio la pistola nel Kilt coprendola con il lembo della camicia per nasconderla meglio. Poi si accostò alla porta per sentire eventuali rumori all'interno. Non sentendo nulla di particolare, bussò e aspettò che qualcuno all'interno rispondesse.
- Avanti.- disse la voce del prete. - La casa di Apollyon è sempre aperta per il suo gregge...-
Paolo aprì la porta ed entrò. Il prete era voltato di spalle e stava ripiegando i suoi paramenti.
- Buonasera, padre.- disse l’Alterazione.
- Buonasera figliolo.- disse il prete voltandosi. Poi il suo sguardo si posò su Paolo e la sua pelle grigia fu colta da un improvviso tremito. - Tu, chi sei? Non sei di Agnudano...- Come preso da un timore reverenziale gli si avvicinò esitando e protese un dito verso il suo braccio scoperto.
- Dio Padre Onnipotente! La tua pelle!- disse sconvolto. - Tu sei vivo! Vieni dall’esterno!- poi si ricompose e la sua espressione si raggelò come se una maschera di sospetto gli fosse calata sul volto. - Ah, che sciocco sono. Avete il glifo di Agrat sulla fronte. Perdonatemi, Signore, non volevo mancarVi di rispetto. Io servo Abaddon e non sono abituato a vedere altri figli che non siano i suoi. Ma prego, ditemi... in cosa posso esservi utile?- 

Damien sbucò solo in quel momento dal vicolo e vide l’orrenda creatura che sovrastava con la sua immensa e demoniaca mole la figura di Diana, a terra davanti a lui. Luigi, a poca distanza era perfettamente immobile e sembrava non reagire alla presenza del mostro. 
Damien estrasse la sua pistola e mirò al mostro, proprio da dietro l’angolo del vicolo.
Ma Diana si stava rialzando, gli occhi fissi sul Demone. La sua mente lavorava alacremente.
Di certo la creatura li stava prendendo per qualcun altro e la ragazza si chiedeva furiosamente se fosse il caso di approfittarne. Aveva detto che sulla sua fronte c’era il glifo di Nergal. Cosa voleva dire? Che significava? Poi nella sua mente balenò il ricordo della notte dell’Armageddon. Della figura demoniaca, alta, magra, avvolta nel nero mantello, che l’aveva abbracciata, condannandola all’oblio. Il Demone... Il Glifo... Nergal.
- Sì.- disse Diana con il tono di voce più fermo che poteva usare - Appartengo a Nergal, come tu appartieni ad Abaddon, ed è per Sua volontà che sono qui.-
Il mostro ringhiò minacciosamente fra i denti. - Il mio Signore non sarà per nulla contento del vostro arrivo, a meno che non gli diate una spiegazione più che valida, quando tornerà. E lo farà presto. So che si è recato nel Caos perché è avvenuto uno strappo nel cuore del Nulla. Ma se anche l’Abisso fosse stato invaso, di certo non è motivo sufficiente per i tuoi Signori tentare di sottrargli Agnudano.- Il suo sguardo si posò poi obliquamente su Luigi. - E lui? Da quando Demogorgon proietta Ombre mute?...-
Damien era stupefatto... non avrebbe mai immaginato di trovarsi di fronte a una cosa del genere... gli sembrò di tornare alle messe sulla riva del Ticino... i Lodatori di Astaroth... col tempo li definì ciarlatani, ma alcuni di loro sembrava "sapessero"... 
Abaddon, Nergal, Demogorgon... ricordava i loro nomi e un poco quello che significavano... 
Demogorgon era un demone della terra, dipinto come un vecchio cisposo... alcuni sostenevano che fosse un Grande mago e che comandasse anche gli spiriti dell'aria, e che punisse severamente chi non si assoggettava a Lui... Nergal... Nergal... un altro Demone... la prima spia di Beelzebub, e sotto la sorveglianza del grande Lucifero... E poi Abaddon... cazzo... ABADDON... capo dei demoni della settima gerarchia... era detto anche Il Distruttore... L'Angelo Sterminatore
dell'Apocalisse... I pensieri, quelle preghiere e cantilene che riaffioravano da un passato scuro... 
Sperava che tutti i testi letti fino a quel momento fossero pieni stronzate... ma a quanto pareva la situazione era ben diversa... 
Damien stava puntando la pistola verso il Servo del Distruttore... sicuramente quella figura imponente avrebbe potuto distruggerlo per sempre... non serviva sparare... Glifi... Demoni... Armageddon... ognuno di loro era stato "cancellato" da un Guardiano... Doveva sapere cosa fare... Abbassò la pistola mentre il Demone spostava il suo sguardo verso Luigi... 
Fece qualche passo indietro... in silenzio... e poi tornò velocemente alla casa del ragazzo.
Bussò ripetutamente e con forza. Quando sentì la porta aprirsi, Damien spinse con forza ed entrò.
Il ragazzo lo guardò con aria spenta, ponendosi meccanicamente davanti alla sedia a dondolo, voltata verso il camino.
Damien lo fissò negli occhi: - Dimmi chi è l'essere là fuori... siete schiavi o qualcosa del genere? Noi dobbiamo andarcene da qui, il prima possibile... Voi sapete come allontanarli o... eliminarli?- A Damien non interessava altro... voleva porre fine a quell'incubo... Diana e Luigi erano di certo in pericolo... e Paolo? Forse era già alla chiesa... forse... era già morto... Doveva fare in fretta... molto in fretta... Aspettava delle risposte... era nervoso qualunque movimento dall'esterno lo faceva sussultare... - un’ultima cosa... vedi qualche simbolo su di me?- 
- Sì.- disse il bambino, - e non è il simbolo di Apollyon. Questo significa che non è bene parlare con Voi. Se è il Demone-Locusta ad interessarvi, Vi prego di tornare da Lui e di rivolgere a Lui le Vostre domande. Ora se permettete, devo curare mia nonna.- Indicò laconicamente la sedia a dondolo. 
Damien si avvicinò spazientito alla sedia e la voltò con un gesto rapido. Ma immediatamente quello che vide gli fece fare un salto all’indietro, in un naturale moto di ribrezzo. Sulla sedia era adagiata una figura con malmessi abiti femminili: la faccia era ridotta ad un teschio dalle orbite vuote. Sulle ossa c’erano i resti di brandelli di carne e di pelle rinsecchite. Il teschio sembrava guardarlo e sogghignare con i pochi denti rimasti.
- Vi prego di andare, Signore. Questo non è il vostro posto.- ripeté il ragazzo indicando la porta.

- Padre non è come pensate voi.- disse Paolo - Ho il simbolo di Agrat come l'avete chiamato voi ma non gli appartengo- poi, aspettando una reazione del Prete, che non venne, continuò.
- Possiamo sederci? Quello che ho da dirvi è molto importante e sarà abbastanza difficile per voi credere alle mie parole.- Il prelato annuì e i due si sedettero alla scrivania.
- Vedete padre? La mia pelle non è come la vostra perché io sono vivo o per lo meno lo ero... Io e alcuni miei compagni che in questo momento sono là fuori, siamo stati colpiti da dei Demoni e uno di costoro cioè quello che mi ha colpito direttamente o come diciamo noi mi ha cancellato dal mio piano di esistenza è...- poi guardando il prete - Come l'avete chiamato prima? Agrat giusto?- Il prete annuì lentamente. Paolo, prendendo un grosso respiro continuò - Ora noi siamo qui per cercare un modo per andarcene da questo posto e per tornarcene nel nostro mondo... Voi
non sapete nulla? Un piccolo aiuto potrebbe essere fondamentale per la nostra salvezza.-
Il prete lo guardò con un'espressione indecifrabile. Qualcosa del mortale grigiore del suo viso sembrava ravvivato come se la forza delle emozioni del giovane davanti a lui l’avesse in qualche maniera, contagiato.
- Se questa è una prova di fede.- disse esitando il parroco - Non mi coglierete impreparato, figlio di Agrat. Nessuno può essere vivo qui, e nessuno può attraversare il portale o attivarlo, se non Apollyon stesso, perché Abaddon è il suo nome, Guardiano delle Porte. La porta da cui Agnudano è stata cancellata non si è più riaperta a risucchiare alcunché. E se questa non fosse una prova e voi foste davvero giunti dal mondo di sopra, dovreste esservi spenti nel passaggio...- Il prete sembrò esitare... - A meno che, ovviamente, i Guardiani cancellanti abbiano lasciato l’opera incompleta... interrotta da qualcosa... forse.- terminò incerto, squadrando il suo interlocutore per un attimo.
- Ora... ora ho risposto alla prova di fede e vi chiedo di andarvene- disse il prete alzandosi stancamente dalla scrivania. - Io... io credo che non sia bene per l’intero paese che io stia qui a parlare con Voi. Agnudano è un’Isola risparmiata e tutti noi sappiamo che può essere decisione di un istante quella di farla precipitare per sempre nel Nulla... Vi prego, andatevene...-
- Un'ultima domanda e poi la lascerò tornare ai suoi compiti...- insistette Paolo - Dov'è questa fantomatica porta di cui parlate?? Rispondete padre... Siete più intelligente di quanto credessi e avete visto giusto sulla mia natura... Ora ditemi dov'è questa porta che ha risucchiato Agnudano e poi vi lascerò in pace per sempre.- Un sorrisetto maligno apparve sul viso di Paolo.
- Mi ricordo ogni momento di quella sera.- disse il prete. - Il sole era appena tramontato, ma la notte non era ancora calata. Nessuna Luna splendeva, quando improvvisamente il lago iniziò a gorgogliare. Tutti uscirono dalle case, attirati dai rumori e il lago si trasformò in un vortice di acqua, un gorgo violento che si abbatté sul paese. Fra i flutti le ombre dei Demoni Locusta che cavalcavano le onde. In qualche maniera, non so come, il gorgo al centro del lago risucchiò tutta Agnudano. E ci trovammo qui. Il Guardiano disse che ci avrebbe lasciato continuare ad esistere solo se fossimo diventati suoi supplici e... io aiutai il paese a diventarlo... Quanto al portale nel lago, so che Apollyon può riattivarlo, ma non può varcarlo... e ora non mi chiedete altro, vi prego...-
- Vi ringrazio. È quello che volevo sapere.- disse Paolo, congedandosi con un cenno di saluto.

Damien guardava il ragazzo con aria sconvolta: - Appunto... questo non è il mio posto e non intendo rimanerci un momento in più...- seguì la direzione indicata dal ragazzo dandogli le spalle e sbattendo la porta... 
Quando fu uscito cercò di radunare le idee. Luigi e Diana erano ancora fermi nella piazza e per il
momento sembrava se la stessero cavando bene o almeno erano ancora vivi. Doveva trovare Paolo... 
Tornò alla piazza aggirando il Demone Locusta... Arrivato alla chiesa entrò, aguzzando i propri sensi... Dando un'occhiata dentro la Chiesa deserta, le immagini del passato tornavano... 
Impugnò la pistola, sussurrò... - C'è qualcuno?... -
- Certo. Ci sono io.- disse Paolo raggiungendolo sulla soglia. Poi dalla porta aperta della Chiesa vide il Demone davanti a Luigi e Diana e sbiancò. - E quello?-
- Ora ti racconto tutto- e rimasero nell’ombra osservando quello che accadeva nella piazza.

- Modera il tuo tono, servo di Abaddon- stava dicendo Luigi. Il ragazzo, stabile sulla sua ferma volontà fissava negli occhi l'essere mentre scandiva con calma le sue parole. - Non sono giunto con intenzioni ostili ed intendo andarmene solo dopo che ciò che intendo fare sarà compiuto- 
Ancora stabile sulle sue gambe, Luigi sosteneva lo sguardo della bestia con sicurezza.
Bene. Ancora. Questo è qualcosa di nuovo... forse... una lacerazione nel cuore del Nulla... penso di sapere a cosa si stesse riferendo... Abaddon... ho un marchio... forse... la notte in cui ho lasciato la mia... può darsi... se sono qua... ora... davanti a Esso... c'è un motivo... probabilmente... Destino... bene... stiamo al gioco... sono già morto... peggio di così non può andare... inoltre... ho già imparato qualcosa riguardo a questo luogo... vi sono arrivato come entità aliena... ho sconvolto l'equilibrio che probabilmente vigeva... in questo... "luogo"? 
Ora non lasciarti distrarre dall'ultimo arrivato... continua a pensare a ciò che ti circonda... ancora non sai cosa ci sia intorno a te... negli edifici... nella chiesa... nella mente degli abitanti... pochi elementi... forse dovrai prendere tempo... 
- Bada bene, servitore, c'è un motivo se mi trovo qua, che tu lo conosca o no, e se mi impedirai di raggiungere il mio scopo ne farai le conseguenze per mano del tuo signore- Detto questo Luigi attese alcuni secondi una replica dall'Essere, dopodiché, con calma, gli passò accanto incamminandosi in direzione del tempio.
- Se fai ancora un passo sei morto, sterco di Demogorgo!- ruggì il Demone Locusta.
- L’arroganza non mi è mai piaciuta ma aspetterò il ritorno di Abaddon prima di staccarti la testa dal collo! Sei fortunato che è impegnato in qualcosa di molto importante, altrimenti l’avrei chiamato immediatamente, e avrebbe fatto di meglio che ammazzarti semplicemente... hai da fare qualcosa qui, hai detto, no? Fece un passo lateralmente e con l’enorme mano afferrò il collo di Diana, scuotendola come un pupazzo. Diana boccheggiò, incapace di respirare. Le sue piccole mani si aggrapparono alle enormi dita del Demone, cercando invano di allentare la morsa.
- Ah... Aiuto...!- balbettò terrorizzata
- Anche Nergal non sarà contento che a causa di un figlio di Demogorgo una sua proiezione è stata divorata in una remota Isola di confine...-

Dopo aver ascoltato le parole di Damien, Paolo scosse la testa e sorrise malinconico per poi incominciare - Quindi penso che quello che ha avuto più successo sia stato io...- 
- Lo chiamano Demone Locusta... - continuò Damien - Tu ne sai qualcosa? Quel ragazzo... mi ha detto molto poco... sò di non avere il simbolo di Abaddon... Luigi e Diana hanno rispettivamente il simbolo di Demogorgon e Nergal... probabilmente anche noi due ne abbiamo uno...- Nel frattempo videro la scena mutare in peggio... il Demone stava tenendo Diana per la gola e non sembrava che stesse tenendo una bella conversazione con Luigi... 
- Siamo nella merda...- disse guardando Paolo...- Hai trovato qualcuno qui?- 
Paolo gli fece un rapido riassunto di quanto aveva scoperto - Ho scoperto dal prete che questo paese è stato ingoiato da un portale... e indovina chi può aprirlo questo portale? Proprio Abbadon; sorpreso vero? E pensa un po' lui può aprirlo però non può attraversarlo... l'unica cosa da fare adesso- concluse - è quella di tirare fuori dai guai quei due e poi trovare il modo di aprire il portale o farcelo aprire da Abbadon stesso, anche se penso che non sarà d'accordo...-
- Sembra che il prete ti abbia trattato piuttosto bene...- commentò Damien - forse Agrat è un gradino più in su rispetto ad Abaddon... forse diplomaticamente potremmo fare qualcosa per loro... Io ancora non conosco il mio simbolo... proverò a fare due domande al prete... tu tieni d'occhio la situazione... non essere impulsivo, altrimenti è un suicidio... se si aggrava non esitare a chiamarmi...- 
Damien corse verso la sacrestia e bussò alla porta del prete... 
- Padre ho bisogno di un consiglio...- So che già una persona è venuta a disturbarla... Ma non abbia timore devo farle solo due domande...-
Nessuno rispose e la porta rimase chiusa. Damien cercò di aprirla tirando la maniglia, ma era stata chiusa a chiave, forse barricata, e nessuno rispondeva dall’altra parte.
Damien, contrariato, tornò da Paolo per riferire e vedere se la situazione si era evoluta in
qualche modo... Paolo, mentre aspettava Damien, aveva cominciato a girare per la chiesa cercando il breviario o la bibbia o quello che per lo meno le assomigliava, invano, e scervellandosi cercando una soluzione a quello che stava succedendo fuori da quel luogo... 
Quando Damien fu tornato si affacciarono entrambi alla porta della chiesa per vedere come stava andando là fuori.
Luigi pensava furiosamente. 
Calma. Nessun problema. Non sei minacciato direttamente. Ricorda... Sei già morto... e anche loro... nulla da perdere... tutto da guadagnare... stiamo al gioco... Sguardo di sufficienza. Voce calma.
- Già...- disse - probabilmente Nergal non sarebbe contento di perdere una sua proiezione... ma stai certo che sarà il servo di Abbadon a pagarne le conseguenze... comportati come meglio credi... anzi... disturba il tuo Signore... sono curioso di vedere cosa avrebbe in serbo per te e per la tua insolenza...- Una pausa, e poi continuò senza distogliere lo sguardo dagli occhi della bestia - Immagina che davvero Qualcuno non si fidi di te... e che davvero abbia mandato noi a controllarti... davvero pensi che Demogoron e Nergal oserebbero proiettare qualcuno nel dominio di Abbadon di propria iniziativa senza aver chiesto il permesso?- 
Non mentire... continua così... rimani vago... non con la menzogna, ma con abile dialettica... sofismi... forse... chissà... chissà se funziona anche qua... anche ora... ciò che ho già provato... 
Luigi si concentrò. Voleva mutare il suo aspetto come aveva fatto prima con il paesaggio circostante... si ispirò a qualcosa di già visto, andando sul classico, un’incisione medioevale di demone vista su un libro letto in passato... 
- Ed ora, con il tuo permesso...- disse. 
- Ma che fa?- disse Paolo vedendo la scena. Nella piazza c’era ancora solo Luigi, e il suo aspetto non era assolutamente mutato.- Cazzo le cose ci stanno sfuggendo di mano. Dobbiamo muoverci velocemente!- tirò Damien verso una finestra della chiesa - Sappiamo che questa è un'isola di confine... o almeno così ho capito- poi prendendo fiato disse - sappiamo anche che qui c'è un portale e che il portale molto probabilmente è in fondo al lago e che altrettanto probabilmente l'unico che può aprirlo è Abbadon ma che non può attraversarlo... quindi ora dobbiamo decidere in fretta. Usciamo da qui e andiamo di corsa al lago. E spero che quei due se la cavino...- aggiunse sospirando. 
Il Demone intanto mostrò i denti ed esplose in una fragorosa risata. Sollevò in alto l’Alterazione terrorizzata che teneva per il collo, con l’evidente intenzione di lanciarla violentemente attraverso la piazza, con tutta la forza dei suoi muscoli poderosi. 
Diana si riscosse e urlò con tutto il fiato che aveva in gola: - Lasciami...! Demone! Non ci è permesso parlare con te, servo quanto noi...! Ma non permettere che la stupidità di un'Ombra muta possa metterti in cattiva luce davanti al tuo Signore!! Porto in me le parole di Nergal... noi tutti siamo qui, inviati come messaggeri, quali intenzioni ostili?... Lasciami e calma la tua ira, verrà presto il momento di dimostrare il tuo valore... reali pericoli per le Terre di Abbadon...- 
tossì violentemente, senza fiato.
Il mostro bloccò il movimento a mezz’aria. Si portò l’Alterazione davanti al viso. Diana quasi svenne avvolta dal fetore del suo alito.
- Pericoli?- disse allarmato - Quali pericoli? Non parlare per enigmi, peto di Nergal. Abaddon è Signore e Padrone di questo luogo, e io sono parte di Lui. Qui il Suo volere è vita e morte. Ora dovrai dirmi qualcosa di molto convincente per persuadermi a non farti a pezzi...-
Così detto la posò malamente a terra. Diana prese fiato avidamente e cercò di riconquistare la sua compostezza. Quando la vista le si schiarì, raccolse tutta la sua faccia di bronzo e disse:
- Ameni mutamenti avvengono nel Regno dell’Abisso. I nostri Signori ci mandano a controllare l’integrità del Portale. È questo ciò che noi cerchiamo. C’è giunta voce di intrusi dal mondo esterno...-
Il Demone digrignò i denti, interrompendola.
- È questo dunque. Non potevate dirlo prima?- Si passò la mano sulla bocca, asciugando copiosi rivoli di bava - Anch’io ho queste notizie. Il Guardiano dell’Abisso ha trovato la presenza di alcune essenza vitali esterne nel Caos. Avevano appena spento uno dei mastini spettrali. Purtroppo non c’erano proiezioni nelle vicinanze per cui non è riuscito a traslarsi fisicamente in loro presenza, e gli intrusi sono fuggiti. Rischiamo dunque un’invasione di entità aliene?-
Il tono della voce del Demone si abbassò considerevolmente. - Bene. Cosa volete fare di preciso?-
- Vogliamo che tu collabori con noi.- disse Diana incontrando lo sguardo del Demone. - Portaci al Varco. Il mio Signore non è l’unico Guardiano ad attendere una risposta.-
- Chi altro dei Cinquanta Guardiani vi manda, dunque?- chiese il Demone. Poi come se la risposta non avesse importanza esclamò - Va bene, non importa. Capisco l’urgenza e ritengo sia meglio arrivare al Portale. Seguitemi.-
- Aspetta!- lo fermò Diana - Oltre a noi due, ci sono altri due inviati qui in paese. Devono venire con noi al Portale. Uno è andato di là.- Disse indicando la Chiesa.

Il Demone si voltò e vide Paolo e Damien che, scavalcata la finestra, tentavano di guadagnare la strada che scendeva verso il lago. 
- Eccoli!- ruggì. - Bene, se siete tutti qui possiamo andare.-
Paolo e Damien si voltarono, interdetti. 
- Venite qui, per favore...- disse Diana - Il nostro nuovo alleato ci aiuterà a compiere la nostra missione...- dentro di sé sperava con tutte le sue forze che nessuno dei suoi tre compagni facesse dei colpi di testa.
Il Demone intanto li scrutava incuriosito. - Un altro figlio di Demogorgon e addirittura uno di Agrat in un'inusuale forma maschile... venite dunque. Se le cose stanno così non c'è tempo da perdere...- 
- Eh, già- ripeté Paolo - Ora muoviamoci non c'è tempo da perdere...- e pensò tra sé - È impossibile! Forse ce la facciamo a tornare indietro... che qualcuno mi tiri un pizzicotto non ci posso credere!- Damien e Paolo abbozzarono dei sorrisi e si unirono allo strano gruppetto. Anche Luigi li seguì silenzioso come suo solito macinando pensieri su pensieri:
Ancora non ci credo... come è possibile? Come è possibile che costui sia tanto stolto... no... potrà anche essere il più inutile dei servi di Abbadon... ma come è possibile che non abbia compreso... anche il solo vedere quei due scavalcare di nascosto la finestra mi avrebbe insospettito... inoltre le due versioni dei fatti fornitegli a brevissima distanza... escludo che si tratti di un idiota integrale... posso solo supporre che stia facendo il nostro gioco... dopotutto stanno cercando mortali... e noi non abbiamo di certo l'aspetto di abitanti del luogo... suppongo che... bah... inoltre... di quale varco stava parlando Diana? Forse sa qualcosa che io non so? Continuo ad essere confuso... sembra che tutto sia troppo semplice... e troppo poco chiaro... ciò che sino a poco tempo fa... certo... se il tempo esistesse... funzionava adesso è inutile... deve essere cambiato qualcosa... non siamo più nel "Cuore del Nulla" come ha detto la locusta? Può darsi... a questo punto posso solo supporre che ci troviamo nell'Abisso di cui tanto ho letto e sentito... chissà quali affinità ha questo luogo con l'inferno Biblico... beh... ora che sono qua... forse avrei la possibilità di sondare vari dubbi... restando qua... potrei scoprire varie cose... in effetti è curioso... se questo luogo è ciò che esiste dopo la morte... e noi siamo qua con il corpo che avevamo il giorno in cui siamo morti... posso solo supporre che convenga morire da giovani per vivere per l'eternità in questo luogo senza tempo con un corpo in salute... certo... anche questo villaggio è misterioso... ci sarebbero delle cose interessanti da fare qua... ho come la sensazione che tutto sia stato trascurato... preso con troppa leggerezza... 
Diana guardava Luigi con sospetto. Il ragazzo le era parso sotto shock fin dall’inizio e secondo lei ancora non ragionava in maniera corretta. Lo avrebbe tenuto d’occhio. Questo era sicuro.
Lo strano gruppo percorse silenziosamente le vie del borgo. Ogni tanto il Demone sbuffava. Sembrava poco abituato a camminare e strascicava le enormi zampe, create per procedere con balzi prodigiosi, sul terreno battuto. Infine arrivarono sulla riva del lago.
Il laghetto sembrava quasi risplendere di una vaga luce argentata, inusuale in quel luogo grigio e morto che ospitava il disgraziato paese di Agnudano. Una larga chiatta in legno era attraccata al piccolo imbarcadero e il Demone fece segno di salire.
- Il lago ha il fondo piuttosto basso, finché non arriveremo vicini al centro procederemo meglio con le pertiche che con i remi.-
Salirono sulla chiatta e Damien svolse la gassa che li teneva ormeggiati. Il Demone Locusta afferrò la pertica e con poche spinte poderose fece prendere il largo alla chiatta.
Luigi sembrò riscuotersi dai suoi pensieri e si rivolse direttamente al mostro, quasi senza dare troppo peso alle sue parole: - Congratulazioni, alla fine hai fatto la scelta migliore...- e dopo aver arcuato un sopracciglio: - Hai idea di dove potrebbero essere andati gli intrusi dopo l'incontro
con il mastino?-
- Il mio Signore non mi ha detto nulla in proposito, ma di certo se si è trattenuto nel Caos, è chiaro che è lì che pensa di ritrovarli. Il Caos è un terreno difficile da sondare, e offre innumerevoli nascondigli. Inoltre gli intrusi hanno dimostrato di sapere muoversi nel Nulla per il Sentiero delle Cose Obliate. Questo ci fa pensare che siano estremamente potenti e pericolosi, e intensamente alieni. La Presenza deve essere forte in loro. Sono una minaccia che va distrutta.-
- Indubbiamente.- interloquì Diana, timorosa che Luigi innescasse una nuova discussione come quella che le era quasi costata la vita. - Ma ora parlaci del Portale. Dobbiamo adempiere alla nostra missione e riferire ai nostri Signori.-
- Questa non ci serve più...- disse il Demone posando la pertica - Il gorgo ci trascinerà lentamente verso il centro.-
- ... Gorgo?- mormorò Damien, e il suo guardo allarmato si volse verso il centro del lago. Solo allora si accorse che deboli cerchi concentrici increspavano l’acqua altrimenti placida del lago.
Spinse lo sguardo più avanti e vide da qualche parte un lieve emergere di bolle d’acqua al centro del lago. - Sì, qualcosa c’è al centro del lago,- pensò, - qualcosa che risucchia una minima quantità d’acqua...- Si voltò verso Paolo per indicargli il vortice, ma quando lo vide in viso trasalì violentemente. Sulla fronte di Paolo era apparso un segno, un glifo, simili a sottili linee grigie incrociate assieme a formare una figura allungata verticalmente, con figure ovali concentriche all’interno, attraversate da una rete di nervature. 
Anche lo sguardo di Paolo era fisso sulla fronte di Damien. Un segno vi era apparso a guisa di spirale contorta, da cui si dipartiva una raggiera di linee che ricordavano sinuosi tentacoli.
Paolo si voltò rapidamente verso i suoi compagni. dalle loro espressioni capì che anche loro vedevano i glifi. Sulla fronte di Luigi c’era lo stesso glifo a spirale che aveva visto su Damien, mentre su quella di Diana c’era un segno simile a due ventagli posti simmetricamente ai lati di un’asse verticale, percorsi da fitte nervature nere.
Lanciò uno sguardo rapido in direzione del Demone Locusta, ma sulla sua fronte non era apparso alcun segno.
- Siamo arrivati- disse il mostro - Ecco il varco.-
La chiatta era avanzata a meno di una decina di metri dal lieve gorgogliare di bolle d’aria del centro del lago. Cerchi concentrici sparivano lentamente nel gorgo.
- Non abbiamo mai capito perché questo varco è rimasto aperto. Si sarebbe dovuto richiudere molto tempo fa, dopo l’incursione con cui cancellammo Agnudano. Eppure quest’Isola è tenuta in stato d’esistenza da qualcosa che sta dall’altra parte, e che tiene ancora aperto il varco. Io stesso lo varcai una seconda volta, molto tempo dopo la nostra incursione ad Agnudano, perché il mio Signore voleva sapere la fonte dell’anomalia. All’esterno presi possesso di un corpo ma i Servi dei Presenti mi individuarono e mi gettarono giù da un ponte. Riuscii a tornare con molta difficoltà, ma da allora il portale si è ristretto ulteriormente e nessuno riesce più a varcarlo.-
- Nessuno riesce più a varcarlo...- gli fece eco Diana, tra i denti. - Maledizione!-
Diana immerse distrattamente la mano nell’acqua. Era gelida e aveva lievi riflessi argentei.
- Avvicinati al centro- disse al Demone - Devo verificare più da vicino.-
Il mostro sbuffò ma afferrò un remo. Con due poderose bracciate la chiatta arrivò allo sfogo d’aria. Diana vi immerse nuovamente la mano. Non sentiva alcuna sensazione particolare che non fosse il lieve solletico causato dalle bolle d’aria.
- Siamo a un punto morto.- pensò amaramente - Devo tentare il tutto per tutto...- pensò. Si voltò verso il Demone Locusta e incrociò lo sguardo con il suo.
- Apparentemente sembra tutto a posto, ma non posso andarmene senza essere sicura che sia così. È mia intenzione varcare il portale per verificarne le proprietà attuali e le caratteristiche.- ebbe un attimo di esitazione - Se vuoi puoi venire con me. Puoi aiutarmi?-
Il volto mostruoso del Demone assunse un’aria stupita. - Vuoi passare Oltre? Ma non è possibile. Solo Abaddon o forse uno degli altri 49 Guardiani può aprire il portale abbastanza per permettere a una proiezione di andare Oltre. Inoltre nessuno può varcare i Portali senza il permesso del Guardiano dell’Abisso.- Poi lo sguardo del Demone Locusta si strinse e gettò un remo da una parte, gonfiando minacciosamente i propri enormi muscoli.
- Ora capisco! Mi avete ingannato. Non avete mai voluto controllare l’integrità del Portale, ma è sempre stata vostra intenzione attraversarlo. Volete invocare una delle vostre matrici sperando che ve lo apra. Ma non ci riuscirete!- Alzò le braccia al cielo e urlò con forza.
- Abaddon! Abaddon, Guardiano dell’Abisso! I tuoi fratelli ti tradiscono! Accorri! Accorri!-
Non appena Damien sentì pronunciare il nome di Abaddon si gettò con tutto il suo peso contro la creatura, per farla cadere in acqua. Paolo capendo al volo le sue intenzioni si unì al disperato tentativo.
Il Demone sembrò sorpreso e, in condizioni normali, le due Alterazioni non avrebbero certo avuto modo di spingere la sua enorme mole, ma la creatura si trovava in piedi sull’orlo della chiatta, e le sue zampe non erano pensate per restare in equilibrio su una così precaria imbarcazione.
La creatura cadde all’indietro con un ruggito bestiale, ma non prima di avere afferrato una gamba di Paolo con la sua enorme mano.
Paolo lanciò un’imprecazione e poi cadde. Le acque argentee si richiusero su di loro.
- No, dannazione... non proprio ora...!- imprecò Diana. La mano veloce si spostò fino a toccare la propria fronte, improvvisamente accortasi del glifo avrebbe voluto strapparsi di dosso quel "marchio orrendo". I suoi sensi cercarono di captare invano una Forza, quel qualcosa che teneva aperto il Varco. Servi dei Presenti? Suoi Fratelli forse? L'istinto chiamava alla Vita. È la Vita che chiamava. Li esigeva! - ...Che siamo così vicini, al nostro Mondo...-
Profondamente emozionata serrò le mascelle, rigida di rabbia ancora una volta inespressa 
Osservò i suoi compagni cercando di aggrapparsi come poteva alla chiatta per non perdere essa stessa equilibrio.
Damien si stava lanciando in acqua. Luigi sembrò per un attimo immobilizzato. Aveva afferrato un remo, forse per servirsene contro il Demone. La sua mente era un turbinio di pensieri.
Ora... gridagli in faccia quanto pensi... NO... no... è ancora possibile fare... hmmm no... non ha ancora capito che siamo gli intrusi... probabilmente pensa davvero che gli altri demoni stiano congiurando... quindi potrei... certo... se arrivasse Abbadon potremmo ancora... 
Poi il suo sguardo si spostò verso il gorgo... verso la voragine... - Voraginibus non exstitit.- mormorò.

Paolo si dibatteva furiosamente nella presa del Demone. La vera fortuna era che la creatura sembrava poco adatta a muoversi sott'acqua e alla fine dovette lasciare la presa sull'Alterazione per evitare di cadere a fondo. 
Poi improvvisamente qualcosa accadde. Proprio mentre Paolo vedeva la figura di Damien venuto a soccorrerlo. 
Il Demone aprì la bocca e il suo corpo fu scosso da una serie di violenti sussulti. I suoi occhi si riaprirono e per un attimo le due Alterazioni capirono che il suo sguardo brillava di una nuova, più profonda intelligenza, animata di una palpabile malvagità. 
Abaddon stava arrivando. 
Poi, un'improvvisa luce argentea apparve alle loro spalle. Damien si girò e vide, a poche bracciate di distanza, un cilindro di purissima luce lunare, immerso nelle acque, percorso da una corrente di piccole bolle d'aria. I raggi di luce argentea trapassarono l'acqua come lame ultraterrene, rendendo la vista profondamente irreale. 
- Eccovi.- disse Abaddon, il corpo ancora tremante dalla possessione in corso - Il cacciatore e la selvaggina...-


LA VORAGINE

I ricordi sono quanto di più singolare ha l’uomo. 
La complessità delle esperienze, vissute e ricordate, crea l’individuo e le sue emozioni.
La forza del ricordo è la forza inebriante dell’anima umana.
Quanto è terribile, al progressivo declino e alla vecchiaia, veder soccombere la lucida gioia e il nitido dolore dei propri ricordi. 
Quanto angosciante vederli sparire, inghiottiti in una Voragine nera...


Diana guardò lo strano fenomeno che avveniva nell’acqua. Gocce cristalline, acqua di lago come pioggia primaverile, un risveglio... una dolorosa eccitazione pervase le cellule del suo essere elettrizzandola, lei, che una volta era stata la più crudele combattente tra i suoi simili, un dì lontano, in una terra lontana. Poi vide lo spicchio di cangiante luce argentea, laggiù dal centro del lento vortice e capì che era il varco che si apriva in presenza di Abbadon. 
Ritta sulle snelle gambe si guardò velocemente intorno, ma non vide alcuna presenza del Guardiano invocato dal Demone Locusta... - Deve essere laggiù...devo raggiungerli!- gridò a Luigi indicando le profondità del lago, nel punto dove Paolo e poi Damien erano stati inghiottiti. 
Con gesto deciso si liberò del domino, per afferrarne saldamente tra le mani i due lembi
un tuffo preciso ed era già in acqua, lasciando nella quieta aria un'ombra di ghigno dionisiaco.
Il nero manto teso davanti a sé si opponeva solo lievemente all'acqua, senza impedire alla nuda fiera di nuotare verso il demone con l’evidente intenzione di aggredirlo avvolgendolo nel domino. 
Luigi scrutò enigmaticamente i cerchi d’acqua causati dal tuffo della sua compagna.
Rapidamente... sono tutti in acqua... nell'acqua c'è un tale Abbadon di cui mi pare di aver letto qualcosa... certo... usa il corpo di quell'altro essere... ci si è "proiettato" suppongo... nulla vieta che dei suoi fratelli si proiettino qua... usando _noi_... forse... spero di no... spero anche che questo glifo che dovrei avere sparisca una volta lasciato questo luogo... il portale... se dal nulla siamo arrivati qua e non... che so... in qualche girone infernale popolato da orrori uncinati probabilmente è Destino... però... non posso essere certo _scientificamente_ che quel portale conduca da qualche parte... o meglio... in qualche luogo a noi favorevole... potrebbe portare ovunque per quanto ne so... e anche la possibilità che il portale si apra... così... per caso... mi sembra alquanto vana... dopotutto perché un così potente servitore dell'Assenza dovrebbe essere incapace di controllare volontariamente la sua capacità di aprire il portale? Spero che sia così... e dopotutto se Destino ha voluto che il portale si aprisse qua... in questo momento... deve essere fatto apposta perché noi ci passiamo... potrebbe anche darsi che io sia qua perché era Destino che io morissi qua... per la seconda volta... magari come monito per i miei compagni oppure come sacrificio per qualche piano superiore... Ma... luce... mi ricorda qualcosa di già visto... uno dei miei ultimi ricordi di quando ero in vita... probabilmente... 
Con rapidi gesti Luigi si sporse prima da un lato e poi dall'altro della chiatta per avere una visione chiara di cosa accadesse sotto di lui, poi, resosi conto della situazione fece alcuni passi indietro preparandosi a prendere la rincorsa e a lanciarsi in acqua esattamente sopra la fonte con l'intenzione di lanciarcisi dentro non appena fosse riuscito a fare ciò che aveva in mente.
Contrasti tra i signori dell'Assenza... potrebbe essere utile... non so ancora a cosa... ma ho la possibilità di farlo... perché non tentare... dopotutto se usciamo dal portale adesso... forse ci troveremo ancora nel luogo dove abbiamo lasciato la terra... o forse... meglio tentare... dopotutto cosa ho da perdere? Beh... probabilmente se il portale non funzionasse... un'eternità di dolore... però anche se non tentassi probabilmente mi toccherebbero lo stesso... niente da perdere... carpe diem... 
Con fare teatrale e sarcastico sorrise e annunciò all’aria che lo circondava:
- Grazie... grazie Abbadon per essere accorso così prontamente e averci fatto dono della tua presenza... tuo fratello Demogoron probabilmente ti ringrazierebbe per la tua collaborazione... davvero un ottimo lavoro... Custode del Portale...-
Tre rapidi passi, un salto, e giù nell'acqua verso il portale... più rapidamente possibile... 
Damien stava già nuotando velocemente verso il cilindro di luce quando vide Luigi piombare nell’acqua proprio in prossimità di esso. Paolo ripresosi dallo shock incominciò a nuotare con tutta la forza che aveva in corpo verso il portale. Quando si rese conto però della follia che la sua compagna stava per compiere, gli si rizzarono i capelli sulla nuca.
- È pazza?- pensò. - Quello è Abaddon, un Guardiano!- dimentico della propria sicurezza, abbandonò ai flutti la Spada di Gilgamesh, per muoversi più velocemente, afferrò Diana mentre gli passava accanto e la strattonò verso il portale.
La Spada affondò rapidamente nell’acqua scura.
Diana tentava di divincolarsi dalla stretta di Paolo, ma il ragazzo era molto più forte e sembrava abituato a muoversi sott’acqua. Lentamente, la ragazza venne trascinata verso il varco luccicante, gli occhi ancora fissi sul Demone.
Abaddon smise di tremare. Il suo corpo si fletté con un movimento armonico, mentre la sua pelle iniziava a risplendere di una rovente luce rossa.
- Fermatevi!- intimò - Fermatevi vi ho detto, o vi tormenterò per l’Eternità!-
Ma le quattro Alterazioni avevano raggiunto quella luce, e la luce li avvolse nel suo caldo abbraccio, e divenne intensa e quasi bruciante, accecante. Dovettero chiudere gli occhi perché era tanto intensa da fare loro male, poi d’improvviso provarono la strana sensazione di cadere e la sensazione della pressione dell’acqua svanì improvvisamente. 
La caduta divenne reale e sbatterono contro il suolo come se fossero caduti dall’alto. Aprirono gli occhi e si guardarono increduli attorno.
Si trovavano in un bosco al tepore del sole di mezzogiorno. Alti ontani torreggiavano su di loro, come se si trovassero sul fondo di una conca. L’aria aveva la fragranza della campagna in Primavera e dovunque si sentiva il cinguettio degli uccelli...
Luigi alzò il capo, stordito. Dolore... ho battuto... hmmm cinguettio di uccelli... alberi in fiore... niente foglie morte per terra... questo non sembra il luogo dove sono morto... questo... non sembra il lago in cui sono sprofondato... e neppure... chi sono? Sono ancora io? Oppure... qualcosa di me è rimasto là... oppure ancora... è curioso... anche il pensare è diverso da come è stato sino ad ora... dove ero? Dove sono stato... con chi... perché... intorno a me... hmmm... visi noti... non sono gli stessi... forse... o forse si... 
Un mugolio sommesso accompagnò la lenta e dolora manovra di stabilizzazione del ragazzo che dalla scomoda posizione in cui era atterrato si rizzò in posizione eretta guardandosi intorno, poi, con gesto naturale, si passò una mano tra i capelli e portò l'altra all'interno del giubbotto estraendo il telefono cellulare... - Batterie scariche... qualcuno sa che ore sono? Non vorrei arrivare tardi per cena...- Poi, come per liberarsi da una stanchezza più mentale che fisica si lasciò cadere seduto per terra e cominciò a frugare tra le sue tasche alla ricerca di qualcosa.
- Bene... ce l'abbiamo fatta... non so ancora come... ne perché... ma pare che fosse Destino che noi uscissimo da... beh... dov'eravamo?- Sorpreso, Luigi estrasse da una delle tasche esterne del giubbotto una confezione di stagnola che scartò rapidamente, poi, quando ormai parte del suo contenuto era venuto alla luce lo porse in direzione dei suoi compagni d'avventura:
- Nocciolato al latte... qualcuno ne vuole un po'? Dovrei avere anche del fondente da qualche parte...-
Diana si riscosse, ancora stretta nelle braccia di Paolo. Brivido di freddo, dolore ovunque...
- Non toccarmi!- Si divincolò affannosamente dalla presa di Paolo. Le ultime parole di Abbadon erano come profondi echi nella sua testa... 
- Perché non lo abbiamo affrontato? Una volta per tutte? Ah!- Si rivolse agli altri con voce tonante.
Gli uccelli azzittirono all'improvviso scoppio d'ira, intimiditi da quello spettacolo - Ve la siete fatta sotto, ecco cosa!- Nella mano aveva ancora il domino, incredibilmente asciutto, così si rivestì, con tutta calma, allontanandosi di qualche passo rispetto al gruppo. 
- Ad occhio e croce credo che ne avrai ancora l'occasione Diana...- Disse Damien in modo piuttosto scocciato... - Ma non le basta essere morta una volta?- sussurrò poi agli altri due...e sorrise. - Eeehhh, le donne.. valle a capire.. non si accontentano mai.-
Gli occhi di Paolo si erano accesi di una forte rabbia nel sentire le parole di Diana che lo accusavano di essere un codardo. - Forse se tu incominciassi a usare il cervello invece di tenerlo come fermacarte in quella specie di zucca avresti capito che appena ti fossi avvicinata al Guardiano tutto sarebbe finito senza un'altra possibilità, quindi invece di strillare e incazzarti dovresti ringraziare te stessa e tutti quanti noi per essere ancora viva piccola... piccola...- e poi
girandosi attorno - lasciamo perdere è inutile parlare con una come te...- poi sospirando - però sono contento di averti trascinato via mi saresti mancata sorellina- e sorrise dolcemente verso di lei.
Diana attese il tempo di un lungo respiro prima di rispondere con voce atona - Libero di offendere quanto vuoi, ma i fatti non cambiano, caro... Voi Distruttori combattete solamente quando siete sicuri di vincere, vedo... È stato solamente un caso, o Destino, chiamalo come vuoi...- gli occhi intensi erano su Luigi alla parola "Destino" - ...Che Abbadon non ci abbia attaccati, Paolo, che non TI abbia attaccato... che non ne abbia avuto la prontezza. Rifletti bene. Cosa sarebbe accaduto se mi fossi avvicinata a lui, ne sai qualcosa tu?- Non sentì il bisogno di ricambiare il suo sorriso, aggiunse solamente, dopo aver indugiato con occhi indagatori in merito all'incolumità fisica dei suoi compagni - Ne sono comunque, felice. Stiamo tutti bene. È stata una dura prova, per tutti noi. Spero in futuro, se le nostre vite dovessero di nuovo essere intrecciate, di trovare un vero spirito di... "collaborazione", del resto ricordate, siamo noi il Pathos. Non un legame di fratellanza fittizia. Non il legame con le nostre rispettive Note... non più.- E si riferiva alla reazione dei suoi "fratelli" nel momento in cui era in completa balia del Demone Locusta. 
Damien intanto sembrava di ottimo umore, e non si stancava di respirare a pieni polmoni quell’aria fresca e pulita. Non si era mai sentito così contento di essere "a casa".
- Ammetto che pensavo di tornare... ma di ritrovare solo cenere e rovine.. invece sembra tutto più bello... Cosa sarà successo al Pathos... per quanto ne sappiamo potrebbero essere già stati tutti sterminati dai Guardiani...- poi sentì di aver cominciato un discorso che non desiderava fare in quel momento... il suo unico desiderio era sdraiarsi in quel bosco e imprimere nella sua memoria i ricordi di quell'avventura... Aveva trovato il modo di muoversi nel Nulla... Aveva trovato i suoi preziosissimi compagni... Insieme avevano percorso e combattuto nel Caos e nell'Abisso... Insieme erano sopravvissuti... D'ora in avanti non ci sarebbe stato più un solo momento per sopravvivere... ma solo per Vivere! La sua mente era completamente altrove... Chi li poteva fermare ora? Dopo quello che avevano passato... Quante cose da raccontare ai suoi compagni... Ma fra loro... che lo volessero o meno, c'era un legame speciale... Molto speciale... pensò mentre osservava sulle fronti dei suoi compagni il Glifo del Demone che li aveva cancellati...
- È ora di tornare a casa... troviamo una strada e proviamo con l'autostop... Diana? Ci pensi tu, vero?- disse.
E Diana, che alle parole di Damien, preoccupata, si chiedeva anch'essa sulla sorte degli altri compagni, dopo quella notte fatale, sentì che il suo respiro ritornava regolare. Non mancò di fare un occhiolino a Luigi, mentre rispondeva con tono velatamente ironico:
- Naturalmente, non vorrei mai che si offendesse qualcun' altro!- e si guardò attorno allontanandosi silenziosamente.

A poca distanza, nella casa cadente dove aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita, il vecchio contadino di Zeri aspirò pesantemente l’aria fresca del mattino. Era disteso a letto e i polmoni gli dolevano. Sembrava che un peso mostruoso fosse calato sul suo petto, schiacciandogli il torace. L’aria fresca era fuoco ghiacciato nel suo corpo, che lo trascinava verso il deliquio.
Tentò di rialzarsi ma il dolore era ancora più forte, come se qualcosa avesse prosciugato le sue ultime energie. Proprio il giorno prima aveva lavorato a lungo nei campi che la sua famiglia gli aveva tramandato nei pressi di Coloretta, in quelle valli strette della sua Lunigiana... Poi, stanco era tornato verso casa, soffermandosi sul Ponte dei Rumori.
Si era fermato un po’ e aveva ascoltato il vento. Il petto gli faceva già un po’ male ma non ci aveva fatto caso.
Il vento gli aveva portato le urla dell’indemoniato. Era ancora bambino quando i paesani di Coloretta lo avevano gettato giù dal ponte. Ricordava il suo sguardo infuocato, la bava alla bocca, ricordava il nome del Diavolo che continuava ad urlare, invocandolo con la voce dell’Inferno: Abaddon! Abaddon! 
E il ricordo aveva come sempre la magia della realtà. Le urla riecheggiavano fra le rupi, sul ripido pendio, fra i flutti del ruscello, sotto l’arcata del Ponte...
E quelle urla erano nulla rispetto alle urla dei suoi compagni che morivano, in quello stesso luogo, difendendo i loro paesi dai maledetti tedeschi che scendevano come demoni affamati...
Lì aveva combattuto, lì aveva ucciso, e ogni volta che si avvicinava al ponte, la forza dei suoi ricordi gli evocava quelle urla, quel sangue, quel massacro... gli occhi spalancati nello stupore della morte, quella morte tanto più odiosa perché strappava vite così giovani, con così tante cose da vedere ancora...
Quei Demoni affamati.
Nel suo letto, il vecchio tossì dolorosamente. Nell’aria il canto degli uccelli della sua novantaduesima primavera.
Demoni affamati. Come quelli che avevano cancellato la misteriosa Agnudano. Ricordava ancora i racconti vividi della sua bisnonna, che raccontava la favola tremenda della fine del paese inghiottito dall’Inferno, proprio nella conca di ontani che un tempo era stata un lago, il lago di Agnudano.
Che meraviglia che erano stati i racconti di lei, già vecchia e cadente quando lui era appena un bambino...
Ma le sue parole avevano la magia di chi raccontava con la forza del cuore, Quella magia che era trasmigrata nei suoi ricordi di ascoltatore attento. 
Tutto il paese viveva nei suoi ricordi. In quel crepuscolo prima dell’arrivo dell’Orda del Male, la gente raccolta in chiesa alla messa, i bambini alla fontana a raccogliere l’acqua... e poi l’orrore.
Quante volte nella notte, dopo la stanchezza di un duro giorno di lavoro, il ricordo di Agnudano riaffiorava nei suoi Sogni e lui lottava contro forze oscure che minacciavano ogni giorno di fargli perdere la magia di quel ricordo?
Il vecchio tossì ancora e si portò la mano alla bocca. Violenti sussulti accompagnarono la sua tosse. Quando ritrasse la mano la vista annebbiata gli permise appena di notare le macchie di sangue.
Fu in quel momento che gli venne in mente che forse stava morendo.
Sorrise. Non era così terribile... aveva vissuto così tanto, aveva figli e nipoti, e la sua vita aveva avuto momenti indimenticabili... ricordi... ricordi...
Ricordi che sarebbero svaniti con lui e con essi la loro Magia...
Aveva tentato di raccontare le sue favole ai figli, ai nipoti, ma la loro anima non era pronta per quella magia e il loro sguardo vagava stanco e insofferente, alla ricerca di quella realtà dove non c’è posto per le favole...
Deglutì dolorosamente. I suoi ricordi sarebbero svaniti, come in una nera Voragine, da cui non avrebbero rivisto più la luce. Persino quel vivido, ultimo sogno di quella notte. I quattro giovani che tentavano di fuggire da un’Agnudano maledetta. 
E in quel sogno, così reale, lui aveva combattuto al loro fianco, come da anni faceva con il Male che trasudava dalla magia di quel ricordo.
Ricordava il Maligno che tentava di chiudere la fuga davanti alle sue prede, e ricordava tutta la forza con cui lui gli si era opposto, fino a che, per la prima volta, la sua volontà era cozzata violentemente contro l’Avversario di mille notti insonni, impedendo il suo tentativo e beffando la sua potenza, finché nello sforzo il petto stesso non era sembrato che gli scoppiasse, facendo esplodere le vene del suo cuore...
- Fermatevi!- aveva intimato la voce terribile - Fermatevi vi ho detto, o vi tormenterò per l’Eternità!-
Eternità...
Eternità...
...
Era stato un bel Sogno.
L’ultimo.
La magia era finita, lo sentiva, e così la sua vita.
Il vecchio chiuse gli occhi e sospirò profondamente.
Il suo petto tremante si fermò.
E tutti i suoi ricordi scivolarono nella Voragine del Nulla...
...da cui non uscirono mai più. 

 


PATHOS © 2001
Associazione di Letteratura Interattiva