Il Cavaliere del Ricordo II:
l'amicizia e il destino

 

di Alexander Haag


La prima volta che sentii parlare di lui era in un messaggio nel quale il Pathos lo ringraziava per il coraggio mostrato contro un Guardiano... cos’è un Guardiano? Già, tu non lo sai, mio caro amico... come potresti saperlo... come potresti solo immaginare la totale Assenza di ogni cosa: aria, carne, ossa, suoni, colori ed emozioni... togli ogni cosa tranne l’esistenza ed avrai un Guardiano... o almeno questa è la sensazione che avuto quando ne ho visto uno. Ma non importa: basta sapere che di lui, già la prima volta che ne sentii parlare, ebbi l’immagine di un fiero guerriero moderno, coraggioso, spaccone e scaltro. E la prima idea che ci facciamo di una persona ci rimane dentro, per sempre... Buffo fu, invece, quando lo vidi: era subito dopo quell’incontro che cambiò la mia vita, ancora inebriato dall’aver conosciuto la mia Signora e Madre, dall’essermi perso nei suoi occhi vecchi di secoli e nei suoi dolci boccoli castani. Vidi lui, steso su un divano blu, intento ad aspettare e a riposare: eccola, pensai, l’attesa fra due momenti di azione, il riposo fra due istanti di morte, la totale calma prima della tremenda tempesta. Mi guardò, gli occhi due lame d’acciaio, il viso scolpito nel granito di una vita dura e terribile: allora non me ne resi conto, ma io e quell’uomo eravamo già una cosa sola. Non corrucciare il viso cercando di capire, mio caro: se non hai mai trovato il vero amico, non potrai comprendere. Le persone ti possono aiutare, ascoltare, consigliare, ammonire, e tu ti trovi bene con loro e le chiami amici, ma non lo sono, non nel vero senso della parola. L’Amico, quello che incontri una sola volta nella vita, non ha bisogno di dire nulla, non ha bisogno di fare nulla, per il solo fatto che è lì accanto a te, tutte le tue incertezza scompaiono, tutte le tue paure svaniscono, tutti gli errori ti sono rivelati. Un vero amico lo riconosci subito, ma forse non lo comprendi altrettanto rapidamente: ed io lì, su quel bel divano blu, vidi un amico. Beh, fu buffo che subito dopo averlo visto, mentre io gli stendevo la mano per salutarlo, lui arrabbiato si alzò di scatto ed andò via, chiudendosi nella stanza da letto. Rimasi in piedi come un’idiota ed allora me la presi anche un po’: che razza di tipo, che maleducato, pensai... ora rido nel ricordare tali pensieri: ho dato del maleducato ad un ex soldato serbo, ad un uomo che aveva passato quasi tutta la sua vita nel mezzo di una guerra crudele e fratricida, non sua, nè di nessun altro, ad un uomo che invece di un’esistenza ne doveva vivere due... come? Non comprendi? E chi può mai comprendere veramente un uomo come lui... neanche lei ci è mai riuscita, lei che diceva di amarlo così tanto, lei che diceva di volerlo proteggere, come ha sempre protetto me... insomma, la porta della camera da letto sbattè violentemente ed il mio viso assumeva quell’aria tra il sorpreso e l’ebete che mi caratterizza quando non capisco cosa ho fatto di male. Guardai lei, che prima sorrise, poi scosse la testa ed infine inseguì l’uomo nella camera da letto... quello che ci fu dopo non è il caso di raccontarlo: ti basti sapere che dormii sul divano e che da pomeriggio che era li rividi solo la mattina dopo... che buffa la vita... amante di una dea... amante della donna che custodisce una dea, forse questa era la tragica verità... ma un involucro non può veramente amare... soprattutto se si tratta dell’involucro della dea della morte e della vita...

-Allora, ti alzi o no- queste le gentili parole che mi svegliarono la mattina dopo. Il mio primo pensiero? Però, comodo questo divano, ecco quale fu il mio pensiero, quando gli occhi semi aperti me lo fecero vedere, vestito con una mimetica, che mi stendeva la mano e mi sorrideva. Da quella mattina la mia vita cambiò molto...
Come parlare dei giorni che seguirono, delle settimane e dei mesi? Con quell’uomo, tutto nella mia vita perse di significato... no, non è che non aveva più significato e che ne stava assumendo un altro, più profondo e più vero... più vicino a Loro...
Imparai molte cose stando con lui... imparai ad usare un’arma e ne compresi il vero potere: la capacità di dare la morte, di portare il Verbo del Nostro Signore Distruzione... imparai che gli amici nel Pathos sono cosa rara e preziosa, ma difficile da trovare... imparai che i cani sciolti sono pericolosi, ma che non mordono mai veramente... imparai che eseguire gli ordini è importante, ma che disubbidire alcune volte è fondamentale... imparai, già imparai tanto da lui... ma le nostre strade tendevano a separarsi, tendevano a piegarsi in direzioni diverse... io, un giovane pronto a lottare e morire per il Movimento... lui, giovane quanto me, ma nell’animo invecchiato dalle numerose battaglie e dagli ancora più numerosi tradimenti...  Ero uno stupido allora, e forse lo sono ancora adesso a parlare di lui come se lo conoscessi a fondo, come se avessi potuto comprendere mai la tragedia della sua vita... e forse lui in me non vedeva altro che un ragazzo troppo entusiasta della vita e con gli occhi coperti da questo stupido entusiasmo: tutti intorno a me tramavano, come piccoli topi cercavano ogni possibile pertugio verso potere e conoscenza, per potervi entrare, rosicchiare quanto era possibile e poi fuggire... pochi erano quelli che non elemosinavano la conoscenza e il potere che gli Dei intorno a noi potevano concederci... io mi limitavo a fare domande e a cercare risposte... un cane sciolto mordeva dove trovava scoperto... e lui si limitava a combattere, senza mai cercare soluzione ai suoi mille problemi.
Fino a quando non camminò troppo vicino al bordo dell’Abisso. E vi cadde dentro con la consapevolezza di un folle e il coraggio di un cieco.
Ricordo ancora la nostra ultima, dura battaglia: in un castello tedesco, pronti a morire per i nostri dei, pronti ad essere annientati da un demone senza tempo padrone del caso, fianco a fianco, tutti amici e fratelli... non potrò mai dimenticare quello scontro: gomito a gomito affrontammo soldati senza tempo, con il coraggio nel cuore e la follia nella mente. Il destino intrecciò le nostre vite in quei momenti, ma proprio mentre eravamo un’unica persona che combatteva con due corpi, il Signore del Fato tirò troppo le nostre corde e sciolse il nodo che ci univa. Dopo quella battaglia memorabile, dove vidi il vero potere degli dei e compresi la vera potenza dei nostri nemici, ci fu il suo saluto.
-Alexander mi raccomando, continua a combattere per il movimento e diventa un vero guerriero – queste furono le sue parole mentre l’alba illuminava un gruppo di stupidi eroi. Eravamo proprio tutti: il Cavaliere dell’Inverno in tutta la sua tracotanza, l’Assassino di Baphomet immerso nella sua falsa durezza, un combattente esperto e silenzioso, ex soldato, ex uomo, ed io, il più stupido di tutti, vero figlio di Distruzione. Eravamo lì, alla presenza del Padrone del Destino, e forse proprio perchè c’era Lui, il nostro futuro si rimescolò, si mischiò e mutò senza che ce ne accorgemmo, ma con l’inevitabilità del corso di un fiume. Le Parche giocarono con noi, sciolsero alcuni fili, ne intrecciarono altri e decisero quale dovevano tagliare e chi doveva farlo. Ma non lì, non in quel momento.
Fu l’ultima volta che vidi il vero ed unico Lazar, il mio amico. Dopo di allora, solo un suo spettro, con lo stesso aspetto ma senza la sua vera essenza, incrociò la mia strada... ma questo ricordo triste non voglio che si mischi all’immagine che conservo di Lazar: il suo viso duro come il ghiaccio, illuminato dal sole del destino, non  voglio che venga cancellato mai dalla mia mente.
Gli strinsi la mano destra e lo vidi allontanarsi: fu una stretta calda e sincera, piena di parole che solo io e lui udimmo. Ero solo, ma circondato com’ero dai miei altri fratelli, non me ne accorsi. Le nostre strade si erano divise: solo la crudeltà degli dei le fece rincontrare.
Ma ormai non era più la stessa cosa.
Tutto era Cambiato. Tutto Mutato.
Come sempre accade nella vita di un Distruttore.

Zivot Je Borba, mio caro amico.


 


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